Nelle Nebbie Di Thule

Rendiconto Crisi - Economia

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  • orgonicos
    00 24/11/2009 13:07
    del fatto che molte ditte cambiano a società di comodo che hanno il compito di pilotare i fallimenti ne ha parlato Anno Zero di Santoro...c'erano operai e sindacati che denunciavano queste cose ed erano disperati....però è chiaro che tutto si sviluppa nell'indifferenza generale e sopratutto dei politici....un vero schifo....ma d'altronde i politici sono solo dei burattini i burattinai ormai sono noti però sono troppo potenti e intoccabili...
    si stà adempiendo quello che stiamo cercando di sviscerare da anni... in attesa dell'età dell'oro si dovrà passare per lacrime e sangue e tutti noi pure ci passeremo... [SM=g10081] che Dio ci aiuti... [SM=g9269]
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    00 24/11/2009 13:31
    quello che mi da fastidio perche oltreutto sono anni che lo dico,e lo sapete bene ricordate quando dicevo si cadra uno alla volta nell indifferenza generale e non come uno si imagina un crollo economico cioe chiudono banche sueprmerkati etc e buonanotte...si beati voi se fosse cosi sarebbe uan pachcia,e lo dicevo semrpe e epr anni e lo sapete,difatti questo sta sacadendo MA LA COSA PAZZESCA E LA SEGUENTE:nessuno si rende conto che ogni gg in tanti perdono tutto ,e fossanche che 1000 persone in un colpo solo perdono tutto e vanno amanifestare e anche s ele tv ne aprlerano etc,la news dopo sara semrpe i risultati di caldsio l ultima moda etc etc,quiqndi QUELLO CHE NESSUNO VEDE che si sta creando gg dopo gg un elitie piccolissima che continuera la vite che vedete e che finora a mano amano hanno faotto tutti cioe eprderanno tutti,e mentre questo acacde la reazione sara come se sono stati 100 e non 20 milioni esponenziali che eprderanno tutto e che continuera semrpe piu insomma quello che voglio dire che di questo passo si arirva ad avere un 5% chiudso in citta fortificate e la massa fuori come nei film di fantascianza senza nemeno medicamenti epr virus che impazezranno,quegli scenari si stanno adempiendo ogni gg che passa eprche se quelli licenziati vengono o non vengono rpesi in considerazioone,ma poi aal aprenza tutto continua"normale"ma semrpe meno gente che vive questa noralita,anche s ela tv la vedrannoa ncora tutti..insomma dai daia si arriva al sudetto scenario senza che nessuno se ne accorga eprche la diffrenza tra quelo scenario e quando si licenziano solo alcuni e lo stesso ,fateci caso,e sicuro lo rileverete daia daia,cioe a mano a mano che tuttot cade licenziamenti chiudsure di negozi etc etc la societa aparentemete e semrpe uguale allora vuol dire che quando si creranno citta con solo il 5% che continua viovere e il resto in scenari fantascientifici terrificanti,e la stesa cosa,insomma lo spiego un po confusamente ma spero di aver dato ils enso--nemeno lo correggo e rileggo eprche nel caso loc ancello -e se sic paisce vorrei che il messaggio passasse




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    sev7n
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    00 07/12/2009 20:02
    ...e' meno male che quelli di "repubblica" la buttano sul ridere....

    Contro disoccupazione e precarietà, c'è chi si ingegna con creatività o predisposizione
    Una rassegna di professioni stravaganti ma in certi casi utili alla collettività


    C'E' un'Italia che non va. Quella dei disoccupati, dei precari, di chi cerca lavoro. E ce n'è un'altra, sfaccettata, eroica e anche ironica, che sopravvive nonostante la crisi. Lavoratori che, per passione, predisposizione o necessità svolgono professioni bizzarre. Come Marco, 26 anni, una laurea in lingue e tanti anni all'estero. Da quando è tornato in Italia lavora per una scuola di lingue. Al mattino si sveglia alle 6.30. Lo aspetta in macchina un manager giapponese, suo allievo. Durante il tragitto verso l'azienda del manager, Marco gli spiega la cultura italiana e, una volta in ufficio, per un'ora gli insegna italiano e inglese. Alle 8, quando gli impiegati arrivano, il suo lavoro finisce. Esce dall'azienda, torna a casa e si rimette a dormire. Un lavoro atipico. Ma Marco è in buona compagnia.

    Il raccoglitore di fiocchi di neve. Per poter lavorare Daniele Frosini, 25 anni, da Pistoia è andato fino in Antartide, a Dome C, nella base internazionale Condordia. "Ogni giorno esco dalla base e vado in una zona, a circa un chilometro, a raccogliere neve in piccole provette", spiega a Repubblica.it. Daniele è un glaciologo, laureato in chimica. Da novembre a febbraio si isola con una decina di colleghi per campionare e analizzare cristalli di ghiaccio e aerosol antartico. Immerso nelle neve a meno 80 gradi sotto lo zero, monitora lo stato del pianeta e grazie "all'interpretazione dei dati provenienti dai carotaggi effettuati proprio qui a Dome C - spiega - si potrà vedere com'era l'atmosfera fino ad 800 mila anni fa".

    L'inseminatore. Poco romantico - ma qualcuno deve pur svolgerlo - è il mestiere dei raccoglitori di seme e inseminatori artificiali italiani. Background scientifico alle spalle (spesso veterinari o zoonomi) vengono impiegati in allevamenti intensivi. "E' una figura diffusa anche in allevamenti di altre specie, soprattutto bovina e suina - spiegano dall'Associazione nazionale coniglicoltori italiani - il prelievo viene svolto manualmente grazie a protesi che simulano l'organo femminile. Il seme viene poi raccolto, lavorato e commercializzato".

    Il rabdomante. A metà tra scienza e magia, in Italia c'è chi vive cercando falde acquifere e fonti termali. Si trovano online ma più spesso grazie al passaparola - soprattutto nei piccoli centri - e nel settore c'è un leader indiscusso. Intervistato anche dal New York Times, Maurizio Armanetti non ama essere definito "rabdomante". "Svolgo attività di ricerca di acque termali - racconta - utilizzando conoscenze scientifiche e intervento umano". La definisce ingegno, sensibilità, capacità biofisica e mentale, quella dote unica che nel 1989 gli permise di individuare nei pressi di Rapallo, su richiesta di Italgas, un acquifero cercato per ottant'anni. Da allora la sua fama non si è mai esaurita.

    Il costruttore di theremin. Di tutt'altra natura, ma con una certa dose di magia evocata dalla note che riesce a costruire, è il lavoro di Giorgio Necordi che in Liguria fabbrica artigianalmente theremin, ovvero strumenti musicali elettronici che si suonano senza essere toccati. Due antenne poggiate su una parte elettronica e suoni simili a quelli del violoncello, molto in voga negli anni '20-'40. Oggi il theremin è uno strumento di nicchia, Giorgio cerca di divulgarlo in Italia. La crisi l'ha sentita anche lui, soprattutto perché di solito i suoi theremin finiscono negli Stati Uniti.

    Nasi e sensorialisti. Discorso a parte per chi in Italia lavora con i sensi. Olfatto e gusto, i più pagati. Li chiamano "annusatori" ma in gergo tecnico sono "nasi" e il loro compito è quello di odorare essenze e prodotti alimentari, grazie a una sensibilità olfattiva fuori dalla norma. Alcuni come Laura Tonatto, star italiana del settore, o Jean Michel Duriez, naso francese della Procter&Gamble, ricevono cachet da capogiro; altri, come i numerosi nasi da laboratorio o aziendali, guadagnano onestamente annusando prodotti di bellezza - deodoranti, bagnoschiuma - o alimentari, come sughi pronti o minestre. Dall'altra parte ci sono i sensorialisti, rappresentati in Italia dal Centro studi assaggiatori di Brescia. Lavorano soprattutto con il gusto ma a seconda delle prestazioni richieste utilizzano anche olfatto, vista e tatto. Da venti anni il centro, che si occupa anche di formazione, esplora la scienza del percepito. "I nostri sensorialisti lavorano in gruppo, tranne alcune rare eccezioni, come quando analizziamo le carte igieniche - così Carlo Odello, uno degli amministratori del centro - per ogni prodotto analizzato compilano delle schede che vengono poi rielaborate statisticamente". Negli ultimi anni gli impieghi dei sensorialisti si stanno allargando. Sono stati utilizzati persino nel settore ambientale, dove analizzano la presenza di discariche abusive, emissioni tossiche e fumi inquinanti.

    Massaggiatore di cani. Sempre all'insegna dei sensi, questa volta animali, è la professione svolta da due specialisti veterinari nella spa per cani "Le terme di Fido" di Milano. Qui, a fianco di un team di esperti che si occupano di benessere e riabilitazione, ci sono il massaggiatore shiatsu e l'agopuntore. "I due medici hanno alle spalle anni di esperienza - spiegano dal centro - l'agopuntore nasce come veterinario mentre la massaggiatrice ha lavorato prima con gli umani e poi, a fianco di un veterinario, ha imparato ad applicare l'antica arte della pressione delle dita anche sugli animali".

    Collaudatore di preservativi. L'ultimo esempio è anche il suggerimento di un'opportunità di lavoro. "Cercasi collaudatore o collaudatrice di prodotti Durex": la nota azienda produttrice di profilattici cerca due maggiorenni che, dopo aver frequentato le lezioni online, compilato un questionario, superato graduatoria e selezioni, riceveranno in premio una fornitura annuale di prodotti, 5mila euro da spendere in viaggi e la possibilità di diventare consulenti dell'azienda.

    www.repubblica.it/2009/12/sezioni/cronaca/professioni-bizzarre/professioni-bizzarre/professioni-bizza...


    " Il vero coraggioso non è colui che non teme nulla, ma colui disposto ad affrontare ciò che più teme."

    " Una sconfitta è tale solo se si rimane a terra. Non è sconfitta quando ci si rialza e si riprende a combattere. "

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    00 17/12/2009 14:12
    Upim-Coin, il gigante che parla veneto
    Al gruppo veneziano la storica catena: nasce una rete di mille grandi negozi

    Rete di mille grandi negozi per il nuovo gruppo Upim-Coin


    VENEZIA — Upim ha in­ventato la grande distribu­zione in Italia: il primo gran­de magazzino, datato 1928, fu aperto a Verona. Coin ha costruito la propria tradizio­ne a partire dal ’57. Adesso è l’ora della grande unione, dopo anni di ipotesi, collo­qui e trattative più volte in­terrotte. Nulla di ufficiale fi­no a sera, ma l’accordo è pra­ticamente fatto: il gruppo veneziano guidato dal me­strino Stefano Beraldo e con­trollato dal fondo francese Pai (al 78%) acquisisce la ca­tena di negozi che, tra vari passaggi, ha fatto parte in passato anche dell’impero Agnelli-Fiat. È un’operazione di gran­de valore evocativo per la notorietà dei marchi e di for­te significato industriale: perso per sempre il treno della grande distribuzione alimentare, business in cui i francesi spadroneggiano, con il salvataggio di una glo­riosa insegna l’Italia può fi­nalmente esprimere un co­losso di settore (anche se l’azionista è sempre transal­pino).

    Upim porta in dote 387 grandi magazzini tra di­retti (140) e affiliati (247), che potranno aggiungersi ai 533 negozi del gruppo Coin, compresi i 450 a insegna Oviesse (o meglio, Ovs se­condo la nuova dicitura). Nasce un leader nazionale della grande distribuzione non food. Una Wal Mart tri­colore della moda e degli ac­cessori che potrà contare su ricavi complessivi per circa 1,6 miliardi e dispiegare una rete di mille grandi pun­ti vendita, in gran parte col­locati nei centri storici delle città italiane. Ed è proprio la location dei magazzini Upim, come ha sempre spiegato l’ad Be­raldo, ad avere fatto gola al gruppo veneziano. Le prime avances erano partite già al­l’epoca dell’ingresso di Pai in Coin, ma l’intesa finora non si era mai concretizzata per una questione, sostan­zialmente, di prezzo. La pa­zienza e l’abilità di Beraldo, unite alle forti difficoltà de­gli azionisti di controllo Upim, hanno prodotto alla fine il risultato: l’accordo prevede che venga creato un nuovo veicolo societario che mette insieme le ban­che creditrici - Unicredit e Natixis - e i vecchi soci di maggioranza, cioé Investito­ri Associati, Deutsche Bank Real Estate, Pirelli Real Esta­te e Gruppo Borletti. La newco sarà poi conferita a Coin in cambio del 7% di quest’ultima. Quest’ultimo particolare è da confermare, visto che è stato discusso dalle parti fino all’ultimo.

    Appare evidente che Be­raldo si sia portato a casa un (quasi) raddoppio della rete con uno sforzo finanziario modesto: la valutazione im­plicita del network acquisi­to si aggira sui 40 milioni ed è cosi bassa perché c’è alme­no una parte del consistente debito (275,8 milioni a fine 2008) da assorbire. Upim, compresi i 15 nego­zi a marchio BluKids, perde soldi (19,2 milioni di rosso con l’ultimo bilancio) ed è sfiatata sul piano commer­ciale. Il tema per i nuovi pro­prietari, la sfida per Beraldo non sarà di risanare il busi­ness esistente ma trasforma­re nei tempi più rapidi possi­bili un format declinante in uno di successo, cioè in Ovs che ormai da anni è la vera macchina da soldi del grup­po veneziano. Insomma, su scala molto più grande, si re­plicherà quello che è appe­na avvenuto - e in meno di un anno - con la catena Me­lablu. Il cambio di insegna dunque riguarderà soprat­tutto Ovs, che di colpo po­trà disporre di nuove grandi location nei centri cittadini, potenzialmente assai reddi­tizie. Anche i magazzini Coin avranno la loro parte, in al­cuni punti vendita selezio­nati e di grande metratura. C’è ovviamente l’aspetto del­la sovrapposizione delle due reti, ma il marchio Upim comunque non è desti­nato alla totale sparizione: c’è una importante quota di negozi in franchising che sa­rà - dicono fonti societarie ­valorizzata con attenzione. Da chiarire, poi, l’aspetto oc­cupazionale e la riduzione di costi che dovrà essere per­seguita dopo l’operazione. Ma questo sarà tema dei prossimi mesi.


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    00 07/02/2010 11:02
    Anno 2010, la fuga delle multinazionali
    da Glaxo a Severstal, da Alcoa a Yamaha

    di ROBERTO MANIA


    Lo striscione pro operai Fiat che rischiano il licenziamento esposto dai tifosi del Livorno durante il match con la Juve
    ITALIA addio. Le multinazionali se ne vanno o minacciano di farlo: solo nelle ultime settimane ci sono stati gli annunci di chiusure da parte dell'Alcoa, il colosso americano dell'alluminio, e della Glaxo, grande impresa britannica della farmaceutica. L'una con impianti in Sardegna e a Porto Marghera, l'altra con il centro di ricerca a Verona: circa tremila posti a rischio considerando anche l'indotto. Un terremoto ha colpito l'industria mondiale e le scosse sono arrivare anche da noi. C'è un processo globale di riorganizzazione della produzione e le multinazionali (anche la Fiat lo è) sono le prime a potersi muovere scegliendo i nuovi luoghi dove impiantare le fabbriche, spostandosi sui mercati emergenti, sfruttando tutte le possibili opportunità per ridurre i costi.

    Non c'è un solo motivo per cui si decide di andarsene. L'Alcoa ha denunciato un eccessivo costo dell'energia, la Fiat dice che a Termini Imerese si produce in perdita (mille euro per ciascuna vettura), la Glaxo non farà più ricerca nel settore delle neuroscienze quindi deve chiudere in Veneto (500 addetti più altrettanti nell'indotto) come in Inghilterra (1.200 dipendenti).

    Regole feroci, che le multinazionali possono applicare sfidando le tensioni sociali e anche i governi. «È fisiologico che accada, non bisogna farne un dramma né pensare che sia in atto una fuga dall'Italia. Queste sono le multinazionali», dice Giorgio Barba Navaretti, professore di economia internazionale all'Università di Milano. Eppure il nostro Paese appare più esposto per le sue carenza strutturali: il peso della burocrazia, il costo dell'energia, la fragilità delle infrastrutture, la lentezza della giustizia civile.

    Perché è proprio questo che spiega la bassa percentuale di investimenti diretti esteri in Italia: circa il 16 per cento rispetto al Pil, contro una media europea che si avvicina al 40 per cento. Non è l'eccessiva tassazione - dicono i manager delle multinazionali - né la rigidità della manodopera considerata, al contrario, un elemento di forza di quel che c'è del sistema-Italia.

    L'Alcoa probabilmente resterà ancora tre anni per trasferire poi tutte le produzioni italiane in Arabia Saudita dove sta costruendo un nuovo imponente impianto. Ci si sposta nei nuovi mercati, ma anche all'interno dell'Europa. Nella sua riorganizzazione produttiva la nipponica Yamaha chiuderà a Lesmo in Brianza per andarsene in Spagna. Anche la Nokia, gigante finlandese dei telefonini, ha deciso di trasferire il suo centro di ricerca da Cinisello Balsamo a Dallas, in Texas, non in Vietnam o in India.

    Ha lasciato Torino anche l'americana Motorola. Perché nelle riorganizzazioni l'abbassamento dei costi si ottiene anche accorpando i centri di ricerca. La nazionalità dei siti produttivi può essere un fattore irrilevante. Così, almeno, spiegano i manager delle multinazionali. «È vero che lo dicono - sostiene Susanna Camusso, segretario confederale della Cgil - , nei fatti, però, non è così. Due anni fa la Pfizer annunciò la chiusura dei centri italiano di Nerviano (Milano), di Stoccolma e di Boston. Bene: gli ultimi due continuano a produrre. La verità è che si sono mossi i governi, perché un aspetto importante della politica estera è proprio la strategia di politica industriale che non ha questo governo al pari dei suoi predecessori».

    L'elenco delle grandi multinazionali del farmaco che hanno abbandonato l'Italiaè lungo: dalla Merck di Pomezia, proprio dove è stato scoperto l'"Isentress", considerato decisivo nella lotta contro l'aids, alla Wyth di Catania, fino alla Pzifer e, appunto, alla Glaxo. Posti di lavoro di qualità scomparsi e investimenti in ricerca finiti in altri Paesi. Un indebolimento complessivo della nostra struttura produttiva. Ma non è fenomeno recente. Prima della grande recessione una ricerca del Centro studi della Confindustria sull'attrattività del Paese concludeva così: «Gli investitori stranieri tendono a trascurare le industrie che, in presenza di un mercato interno stagnante e di una domanda mondiale relativamente lenta, appaiono meno promettenti in termini di sviluppo potenziale». Poca industria, quindi, e più commercio, servizi, trasporti.

    Ripensamenti anche tra i russi della Severstal che avevano rilevato le acciaierie (un tempo Lucchini) di Piombino. Ora i russi schiacciati dai debiti (intorno ai cinque miliardi di euro complessivi)e dal calo della domanda globale cercano acquirenti. L'obiettivo è andarsene dall'Italia entro aprile: oltre due mila posti di lavoro in bilico.

    Non tutti, però, fuggono. Giuseppe Recchi è il presidente di un colosso come la General Electric per l'Italia e il Sud Europa. «L'Italia un Paese più a rischio di fuga? No - risponde - perché le multinazionali considerano il nostro Paese non solo come un mercato ma sempre più come un luogo per produrre. Un luogo dove si trova il miglior rapporto costoqualità della manodopera».

    La General Electric comprò dall'Eni nel 1994 il Nuovo Pignone (turbine e compressori), fu la prima grande privatizzazione. Ed è stato un successo industriale: «Da un giro d'affari di un miliardo di dollari siamo passati agli attuali dieci, con novemila dipendenti», dice. L'"headquarter" mondiale del settore "oil & gas" è stato trasferito a Firenze. Da qui si decide tutto. «L'Italia non è l'ultima arrivata», insiste Recchi. E spiega che ciò che serve per attirare i grandi gruppi mondiali è la «pianificazione delle strategie» nei settori nevralgici, dall'energia alle grandi infrastrutture. Che poi è proprio quello che manca e che spesso porta velocemente alla fuga delle altre multinazionali.

    qui

    [Modificato da sev7n 07/02/2010 11:03]

    " Il vero coraggioso non è colui che non teme nulla, ma colui disposto ad affrontare ciò che più teme."

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    00 23/02/2010 07:35
    12, 54

    ANSA.it > Mondo > News France Telecom, nuovo suicidio
    E' un uomo di 54 anni, si e' ucciso venerdi' scorso
    22 febbraio, 22:54

    (ANSA) - PARIGI, 22 FEB - Nuovo suicidio tra i dipendenti di France Telecom. La vittima e' un lavoratore della piattaforma clienti Orange-France Telecom di Lens. L'uomo si e' tolto la vita venerdi' scorso nella sua auto, fuori dal posto di lavoro.

    Il dipendente di 54 anni aveva problemi legati alla sua vita privata [SM=g10905] , ha riferito il sindacalista Laurent Geneau, secondo cui e' ancora troppo presto per stabilire se il gesto sia da ricondurre alle condizioni di lavoro dell'uomo.




    Luca 12,54

    54 Diceva ancora alle folle: «Quando vedete una nuvola salire da ponente, subito dite: Viene la pioggia, e così accade. 55 E quando soffia lo scirocco, dite: Ci sarà caldo, e così accade. 56 Ipocriti! Sapete giudicare l'aspetto della terra e del cielo, come mai questo tempo non sapete giudicarlo?



    +QUIS UT DEUS+
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    STEILA75
    Post: 287
    Città: SAN GIULIANO MILANESE
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    00 29/03/2010 12:04
    Tutti i lividi dell’economia e dell’occupazione
    ATTUALITA'. Dalle calze all’alluminio, dai televisori alla ceramica, dalle moto alle autovetture. I numeri della crisi industriale italiana sono drammatici, anche se il governo li occulta. Lo dicono, per esempio, gli operai della Fiat di Piedimonte San Germano e Cassino. «In assenza di un progetto-pianeta condiviso, non si possono escludere passaggi storici implosivi», avverte Giuseppe Vialetti, della Scuola superiore dell’economia e della finanza, a colloquio con Terra.
    Un tempo facevano girare il Paese. Oggi fanno solo disperare. Non si contano le ciminiere innalzate, in mezzo secolo, a indicare presunto progresso e un certo benessere collettivo. Erano le fabbriche nate per la soddisfazione dei bisogni. Pur non concedendo mai nulla alle esigenze dei lavoratori, hanno comunque segnato la vita degli italiani, dando una qualche identità (solo) a chi ci lavorava (negandola agli altri, specie se immigrati). Erano gli anni dell’usa e getta che tutti identificavano nella lametta da barba senza immaginare che nel cestino finisse l’intero Paese. Le fabbriche, si diceva, portano sviluppo. Poco importava (anche al sindacato) se, così facendo, si inquinavano sia la cultura politica che il suolo, l’acqua e l’aria. Quegli stabilimenti rappresentavano, in pratica, l’espressione massima, la più evidente, di un’economia che prometteva la felicità, producendo e distruggendo. Tutto. Dalle calze all’alluminio, dai televisori alla ceramica, dalle moto alle autovetture.

    Ora di quell’economia non c’è più niente. L’industria si è fermata. Al suo posto, l’angoscia delle persone. Un’angoscia troppo grande per entrare nei container di “finto tutto” provenienti dalla Cina. Per capire cosa è successo nell’Italia del lavoro basta allungare lo sguardo a Faenza. Lì, la Omsa (Gruppo Golden Lady), con 340 dipendenti di cui 320 donne, chiude lo stabilimento per trasferire le macchine in Serbia. Ma così fan tutti. Ormai proprio tutti: Fiat, Merloni, Mariella Burani, Vinylis, Videocon Anagni, Eurallumina, Alcoa, Italtel, Finmeccanica, Fincantieri, Yamaha, Nokia e mille altri. Marchi prestigiosi pronunciabili, ormai, soltanto per declinare la parola crisi. Crisi “epocale” secondo i sindacalisti. Espressione che per chi vive nella provincia di Frosinone si traduce in dramma sociale. E se per tutti «non è ancora finita», con altri 200mila posti di lavoro a rischio nel 2010, a Cassino siamo vicini alla disperazione collettiva.

    Davanti ai cancelli
    Alla Fiat di Piedimonte San Germano, provincia di Frosinone, non rispettano certo il politically correct e, ascoltati davanti ai cancelli della fabbrica, non si fanno scrupoli a puntare il dito anche contro «i compagni, sicari dell’economia». Parlano di persone “sveglie” che coltivano in modo strumentale e ambiguo le amicizie giuste con istituzioni e privati per «far carriera e sistemare consorte e amante». È una tempesta di accuse gravi: «Sanno solo mettere insieme un sacco di belle parole che ripetono senza conoscere il significato». State dicendo che i politici non vedono il disagio che state vivendo? «Non vedono perché non vogliono vedere, altrimenti vedrebbero quanto sono vigliacchi». Manager, politici e sindacati, tutte loro le responsabilità? «Vedi caro giornalista, le nostre mani sono sporche sì, ma solo di grasso». Ma i padroni restano padroni? «Certo - spiegano con più calma, mentre lasciano lo stabilimento - loro fanno solo i loro interessi. Anche col vecchio trucco dividi et impera, sta a noi non cascarci. È vero».

    Il riferimento questa volta è a Uil e Cisl che chiudono i contratti separatamente. «I padroni - ripetono stanchi mentre raggiungono la macchina - restano padroni anche quando si mascherano, come Sergio Marchionne, da illuminati benefattori». Quindi? «Quindi accettano solo scudieri e pecorelle in azienda». La rabbia è per le ultime indiscrezioni sui tagli, ma ce n’è per tutti: dalla stampa asservita alla finanza contaminata dalla politica, e viceversa. Non risparmiano, infine, neanche i sindacati, che si sarebbero «sostituiti agli uffici di collocamento». Intanto la gente salta le rate del mutuo e, per paura di perdere casa, accetta qualsiasi condizione di lavoro. Situazione drammatica, denunciata anche dalla Fiom provinciale che così fotografa lo stato delle aziende in crisi: da gennaio a novembre del 2009 sono state autorizzate 11.291.565 di ore di Cigo (letteralmente “Cassa integrazione guadagni ordinaria”), a fronte delle 2.678.608 dello stesso periodo del 2008, con un aumento del 421,54 per cento. Dato ancora più sconcertante, se si pensa che negli ultimi quattro mesi ne sono state autorizzate oltre 5 milioni. In Italia, Frosinone è in pratica la prima provincia in termini percentuali per numero di addetti, triste primato, ad aver utilizzato più ore di ammortizzatori sociali.

    Se poi spostiamo l’attenzione su Cassino, ecco cosa emerge: oltre 6.000.000 di ore di Cigo nei primi 9 mesi a fronte di circa 500.000 nello stesso periodo del 2008. I settori più colpiti in ore sono il metalmeccanico con circa 5.000.000, l’edilizia con 150.000, i trasporti con 270.000 e il cartaio con 160.000. Il monte salari delle famiglie che, ormai, vivono da mesi quasi esclusivamente della cassa integrazione, ha avuto una decurtazione di circa 30 milioni di euro, circa 4.000 euro a famiglia. «Questo scenario è solo l’inizio - avverte Benedetto Truppa della Cgil - e non vogliamo essere catastrofisti se prefiguriamo l’evolversi di un dramma economico che tra qualche mese diventerà una vera e propria emergenza sociale». C’è da credergli e, soprattutto, da sperare in un nuovo sviluppo. Uguale e diverso dagli anni Cinquanta. Diverso per qualità ma simile nella quantità. All’epoca, infatti, i propellenti della crescita furono le fonti di energia come metano e petrolio, oggi speriamo in altre fonti. Possibilmente, più ecologiche e umanamente sostenibili.

    All’epoca - spiegano economisti esperti come Giuseppe Vialetti, della Scuola superiore dell’economia e della finanza - ci fu «l’affiancamento alle grandi imprese di una enorme moltitudine di piccole imprese, in cui resistono in qualche modo le attitudini alla visione d’insieme dei problemi produttivi e all’informalità delle procedure, proprie della civiltà contadina e artigiana; l’inserimento in molteplici nicchie produttive, con successi legati anche alla capacità di soddisfare con modalità meno standardizzate alcuni bisogni di base delle persone (specie nei campi dell’alimentazione, dell’abbigliamento, dei prodotti per la casa, e anche dei trasporti)». L’attitudine al risparmio, spiega in pratica il noto fiscalista, nonostante i bassi redditi medi, «in parte ha fornito le risorse finanziarie necessarie alla crescita della base produttiva e in parte ha contenuto per lungo tempo gli effetti negativi del debito pubblico». Con quale risultato? «Nell’insieme si sono potuti raggiungere livelli di occupazione elevati e un accettabile soddisfacimento dei bisogni per gran parte della popolazione, nonostante i molti gravi squilibri (arretratezza del Sud, poco lavoro femminile, falle nel sistema fiscale, gigantismo del sistema pensionistico)». Ma dal 2008 è cambiato tutto, in peggio? «Sì, l’eccessiva dipendenza dal petrolio e dal metano, in presenza di una forte intensificazione mondiale della domanda e con l’avvicinarsi della fase di esaurimento di tali risorse, espone l’economia italiana a rovinose fiammate inflazionistiche semmai la produzione mondiale tornasse a espandersi in maniera sostenuta».

    C’è poi la questione mercati. «Chiaro - chiosa Vialetti - quasi tutti i settori di nicchia sono stati attaccati dalla concorrenza di imprese con sede nei Paesi emergenti, soprattutto in Cina, che possono contare su bassissimi costi del lavoro. L’intreccio tra risparmio privato e debito pubblico, di valenza positiva quando il debito è basso, diventa pericoloso quando il debito è alto ed è associato a oneri che possono esplodere». Quali le uscite d’emergenza: l’alta tecnologia, l’aumento dell’età di pensionamento? «Sono strade in astratto, corrette ma non praticabili. I settori ad alta tecnologia tendono ad assumere configurazioni che rendono estremamente difficile l’entrata di nuovi concorrenti. D’altro canto l’aumento dell’età di pensionamento ha bisogno di un contesto di forte sviluppo, altrimenti crea ulteriori ostacoli all’inserimento dei giovani».

    L’immigrazione offre importanti opportunità per rivitalizzare il modello economico italiano? «È già effettivo l’apporto alla tenuta del sistema previdenziale: sia in maniera diretta, tramite l’incremento dei contributi versati dai lavoratori immigrati, sia in maniera indiretta, tramite i maggiori contributi dell’occupazione femminile che viene favorita. Nel medio termine sono però possibili altri contributi positivi. La moderazione salariale e l’impegno sul lavoro, favoriti dai nuovi contesti occupazionali, possono ridare slancio alle esportazioni e contenere le importazioni provenienti dai Paesi dove le retribuzioni sono di mera sussistenza», è l’opinione di Vialetti. Parole e modi garbati quelli dell’economista e pur tuttavia suonano ancor più gravi delle esternazioni operaie ai cancelli della Fiat.

    Piccole e medie aziende
    Torna in mente un vecchio slogan: “Lavorare meno, lavorare tutti”. E poi di nuovo l’idea che nell’aria ce ne è per fare un ’68. Un vero ’68, tale da stravolgere seriamente il sistema Paese. Con nuovi valori. «Soprattutto, le contaminazioni, quando sono reali - precisa Vialetti - prima o poi producono slanci di innovazione, che possono essere recepiti più facilmente in contesti flessibili come quelli operativi delle piccole e medie imprese, contribuendo anche alla loro crescita dimensionale». Se il cambiamento investisse anche le modalità di soddisfazione dei bisogni di base? Ad esempio l’abitare e i suoi comfort, l’alimentarsi, il vestirsi. In pratica, la tradizionale roccaforte delle produzioni italiane. «I benefici sarebbero ampi e duraturi, e potrebbero riguardare positivamente altri settori importanti, come il turismo».

    Vitaletti torna quindi a spiegare i processi in atto che puntano a disintegrare i due pilastri su cui si è retto nei secoli lo sviluppo economico a matrice Nord-occidentale: «Il primo pilastro, spiega, è costituito dall’uso delle risorse scarse dell’intero pianeta, in particolare di quelle minerarie energetiche, a beneficio di una parte minoritaria della popolazione mondiale. Il secondo è costituito dall’equilibrio tra le due grandezze che si devono tendenzialmente pareggiare per evitare il caos produttivo: i risparmi e gli investimenti. Obiettivo che è stato ottenuto con difficoltà (si pensi alla grande crisi del 1929) e comunque usando strumenti sempre più sofisticati: le politiche di tutela del lavoro e del salario; le politiche di welfare; il debito pubblico; le regolazioni monetarie».
    L’irrompere dei nuovi grandi Paesi a sviluppo intensivo, di cui la Cina rappresenta l’esempio macroscopico, scardina entrambi i pilastri? «Sì, il primo perché ovviamente essi concorrono alla spartizione delle risorse minerarie scarse; il secondo perché il bilanciamento mondiale tra risparmio e investimenti si rompe sul fronte del risparmio, che cresce per la massiccia alimentazione da parte dei profitti delle imprese dei Paesi emergenti (eccessivi in quanto basati sui bassi salari) e da parte delle rendite minerarie».

    L’immigrazione produce grosso modo gli stessi risultati? Replica Vialetti: «Sì, ma con modalità diverse. L’alimentazione della domanda energetica avviene soprattutto per effetto del contributo degli immigrati alla tenuta dell’economia occidentale. L’alimentazione del risparmio avviene soprattutto come effetto della crescita dei profitti, causata dal contenimento delle retribuzioni operaie e impiegatizie, su cui l’immigrazione agisce in maniera additiva rispetto a fattori potenti già in atto (progressivo predominio degli oligopoli; emarginazione delle attività non trainate dalla pubblicità; ampliamento delle royalties da brevetti)».

    Al di là delle cause contingenti che l’hanno innescata, si può ipotizzare che la crisi in atto costituisca la prima manifestazione di questi squilibri? «La verifica si avrà nel prossimo futuro: se gli squilibri persistono, la loro natura dovrà considerarsi strutturale e non occasionale. Gli scenari preconizzati da Marx per la fase terminale del capitalismo (mondializzazione delle interconnessioni, con impoverimento delle masse e forte arricchimento di pochi) potrebbero allora diventare realistici», è l’opinione del nostro interlocutore. In mezzo c’è stato però il crollo delle economie socialiste senza mercato, la cui organizzazione non può dunque essere assunta come punto di riferimento. «D’altro canto - è la conclusione di Vialetti - l’immigrazione e lo sviluppo delle nuove potenze economiche impediscono il ritorno agli equilibri passati (dominio mondiale degli Stati-nazione occidentali). In assenza di un progetto-pianeta largamente condiviso, non si possono escludere passaggi storici implosivi».





    AZIENDE IN CRISI E POSTI DI LAVORO A RISCHIO
    Fiat auto: annunciata chiusura di Termini Imprese. 1.500 lavoratori coinvolti più l’indotto.
    Antonio Merloni: elettrodomestici. 3.000 lavoratori coinvolti nella crisi.
    It holding: abbigliamento, in amministrazione controllata. 1.700 lavoratori, di cui 800 a Isernia.
    Mariella Burani: abbigliamento, in liquidazione. 2.200 lavoratori.
    Vinylis: ciclo del cloro, 150 lavoratori in Cigs, impianti fermi nei tre siti: Porto Torres, Marghera e Ravenna. 470 lavoratori coinvolti.
    Videocon Anagni: televisori. Cassa integrazione a zero ore per 1.300 lavoratori.
    Eurallumina: produzione materia prima di allumina. 1.000 lavoratori in cassa integrazione a zero ore.
    Basell (ex Montedison): propilene, la multinazionale americana ha comunicato la chiusura dello stabilimento di Terni: 140 lavoratori. Tra indiretti e indotto, sono coinvolti altri 800 lavoratori.
    Glaxo: Verona, la multinazionale ha annunciato la chiusura del centro ricerche di neuropsichiatria. Il centro occupa 550 ricercatori più 200 addetti ai servizi.
    Merck Sharpe & Dohme: Pomezia, a luglio chiude i battenti e per i 150 dipendenti della Irbm scatterà la cassa integrazione.
    Pfizer: Nerviano, farmaceutica. Nel 2008 vende all’islandese Actavis Group. 340 dipendenti in organico continuano a lavorare a rotazione nello stabilimento alle dipendenze della nuova società.
    Ex Eutelia (Agile): servizi informatici, metà dei dipendenti rischiano il licenziamento su un totale di 8.500.
    Alcoa: la multinazionale americana di alluminio annuncia la chiusura a novembre. Accordo per la continuità produttiva fino ad agosto 2010. La vertenza coinvolge 1.500 lavoratori più l’indotto.
    Italtel: annunciato un piano di ridimensionamento delle attività nelle sedi di Milano, Roma e Palermo. 850 esuberi.
    Finmeccanica: 1.500 lavoratori a rischio cassa integrazione nel comparto dell’aeronautica, in alcuni settori della difesa e nello spazio.
    Fincantieri: i lavoratori in cassa integrazione sono attualmente circa 700, saliranno a 1.200 a metà anno per arrivare a 1.600 a fine 2010.
    Yamaha: Brianza, annuncia di trasferirsi in Spagna. 66 dipendenti che dovevano essere licenziati hanno ottenuto la cassa integrazione.
    Nokia: Cinisello Balsamo e Cassina De Pecchi, annunciato trasferimento a Dallas. 350 dipendenti in cassa integrazione a zero ore a rotazione per tre mesi.
    Alcatel: Battipaglia, 400 lavoratori a rischio.
    Eridania-Sadam: previste procedure di messa in mobilità per i 330 dipendenti.
    Omsa (gruppo Golden lady): collant, 340 dipendenti di cui 320 donne, decisa la chiusura dello stabilimento di Faenza per trasferire le macchine nello stabilimento in Serbia.




    MAL DI PANCIA ANCHE NEL TERZIARIO
    Phonemedia: raggruppamento di 12 call center di proprietà del gruppo Omega. I posti di lavoro a rischio sono circa 6.000 a livello nazionale nelle regioni Piemonte, Lombardia, Toscana, Emilia Romagna, Puglia, Calabria e Sicilia. Sono in corso azioni legali presso il Tribunale di Novara per il commissariamento straordinario (legge Prodi).
    Omnia: 2.300 posti di lavoro a rischio a livello nazionale.
    4You: 250 posti di lavoro a rischio a Palermo e Catania.
    Indotto Enel: 200 posti di lavoro a rischio a Catania.
    Comdata: 100 impiegati in cassa integrazione straordinaria in Piemonte.
    Eutelia: 300 posti a rischio con ricorso alla cassa integrazione a Roma e ad Arezzo.
    Accenture/Tess: 85 licenziamenti nell’azienda ceduta da Telecom Italia che fornisce il servizio di buste paga per il gruppo.
    Hp Dcs: cessione di ramo di Telecom Italia (Desk top management) con cassa integrazione per 110 dipendenti.
    Bt: cassa integrazione straordinaria per 120 dipendenti.
    Telecom Italia: al piano di uscite volontarie in mobilità per 5.000 dipendenti concordato con i sindacati vanno aggiunte altre 4.000 riduzioni annunciate unilateralmente dall’azienda. Circa 1.300 sono i dipendenti in contratto di solidarietà nel settore delle directory. Ulteriori riorganizzazioni sono state annunciate nel settore dell’informatica, delle aree di staff e del customer care.
    Appalti postali: Defendini, 220 posti di lavoro a rischio a Napoli e in Piemonte.
    Trasporti. Gioia Tauro: 400 unità in cassa integrazione straordinaria. Taranto: 220 unità in cassa integrazione straordinaria. Compagnie portuali: 3.500 sospensioni a livello nazionale. Cooperative di facchinaggio: nell’indotto dei grandi operatori di logistica (Tnt, Dhl, Bartolini, Sda) a livello nazionale si registra una riduzione di addetti per 7.000 soci lavoratori.
    Turismo: due aziende coinvolte nella crisi. 1.928 lavoratori in cassa integrazione, contratti di solidarietà, mobilità e trattative in corso.




    FIAT, UN PIANO DI LACRIME E SANGUE
    la Repubblica vede nero il futuro Fiat. Per il giornale diretto da Ezio Mauro, il piano industriale che l’amministratore delegato Sergio Marchionne presenterà il 12 aprile prevede lacrime e sangue. Il quotidiano, indiscrezioni alla mano, prevede una riduzione dei modelli di auto da 12 a 8, tagli di 5.000 posti di lavoro (tra cui 1.500 a Termini Imerese e 2.000-2.500 a Mirafiori) e un incremento del 50% della produzione italiana, da 600.000 a 900.000 auto, grazie soprattutto all’arrivo di Panda a Pomigliano. Invece saranno sette i modelli con marchio Fiat, Alfa e Lancia realizzati negli Usa, prodotti in oltre 350.000 unita complessive all’anno. l’Unità guarda invece al futuro di Pomigliano, rivelando che nonostante l’arrivo di Panda lo stabilimento potrebbe perdere quasi mille dei 5.160 dipendenti attuali. Inoltre, la Repubblica scrive che sono iniziate le manovre per lo spin off, che potrebbe avvenire la prossima estate, e alla guida dell’auto dovrebbe essere posto Marchionne, attuale amministratore delegato del gruppo.



    L’ISTAT: PERSI 380MILA OCCUPATI
    L’economia italiana ha bruciato, nel 2009, 380mila posti di lavoro con un tasso di disoccupazione schizzato al 7,8%. La fotografia sul lavoro perso dal governo Berlusconi è dell’Istat, che ha diffuso i dati sul mercato del lavoro nell’ultimo trimestre dell’anno appena trascorso.
    «Alla flessione robusta dell’occupazione maschile (-2%, pari a -274mila
    unità in confronto alla media 2008), si associa quella meno accentuata, ma comunque rilevante, dell’occupazione femminile (-1,1%, pari a -105mila unità)», sottolinea l’Istat.
    A livello territoriale, la discesa dell’occupazione resta contenuta
    allo 0,5 nel centro ma raggiunge l’1,3 nel Nord e il 3 nel
    Mezzogiorno. Si conferma inoltre elevato il numero di inattivi,
    che in media annua sale del 2,3 per cento e porta il totale a 14,8 milioni. Il tasso di disoccupazione aumenta di 0,6 punti percentuali arrivando al 37,6 per cento. Il tasso di disoccupazione degli ultimi tre mesi del 2009, espresso in termini destagionalizzati, aumenta però all’8,6 per cento, 1,5 in più rispetto al terzo trimestre dello scorso anno.



    PROPOSTE VERDI SUI TRASPORTI
    La soluzione per frenare la crisi del settore auto esiste. I Verdi chiedono da anni di produrre mezzi utili, riducendo l’inquinamento e aumentando il trasporto pubblico. Il problema semmai è politico. Perché per farlo serve una scelta coraggiosa del governo. «Basterebbe riconvertire le fabbriche di auto a impianti per la produzione di tram e autobus ecologici e prevedere un piano nazionale per il trasporto pubblico da otto miliardi di euro», spiega il presidente dei Verdi Angelo Bonelli. Che poi aggiunge: «Potrebbe essere la soluzione per salvare posti di lavoro oggi a rischio. I fondi ci sono, potrebbero essere quelli del Ponte sullo Stretto di Messina, un’opera inutile e costosa». In questo modo in stabilimenti come Pomigliano d’Arco e Termini Imerese si potrebbero salvare i posti di lavoro. Oppure evitare la cassa integrazione, che dal 20 al 26 maggio fermerà tutte le produzioni di Mirafiori, uno stabilimento da 5.200 dipendenti. Sostituendo anche solo il 40 per cento del parco più inquinante con bus elettrici, sarebbero ben 7.500 quelli da cambiare, rilanciando il settore. Anche solo mille nuovi bus elettrici l’anno garantirebbero in tutta la filiera dai 750 agli 850 dipendenti. Nelle città verrebbe così aggredito una volta per tutte lo smog, migliorando la qualità della vita dei cittadini.


    www.terranews.it/news/2010/03/tutti-i-lividi-dell%E2%80%99economia-e-dell%E2%80%99occ...
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    00 29/03/2010 12:26
    ottimo articolo steila...questo e il materiale che ci serve eprdimostrae che le cose stanno coem sosteniamo e noncome l ufficialita con tutta ua serie di occultamenti manomissioni e gioco dlle tre carte ci racconta ma che purtropo credono eprche credono tutto visto che l uomo oggi ,cioe la massa e ad un punto che piu basso non poteva nemeno nel medioevo si e toccato il fondo cosi ,ma anzi cosa dico medioevo visto che piu si fa indietro e piu leta dleoro e piu vicina,mentre fino al 2000 e stato tutto un cadere dal 2000 ci siamo inizaiti a rialzare e a dic 2012 finiremo di rialzarci..pochi,molto pochi p rla verita



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    STEILA75
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    00 29/03/2010 12:50
    Re:
    +Ludwig+, 29/03/2010 12.26:

    ottimo articolo steila...questo e il materiale che ci serve eprdimostrae che le cose stanno coem sosteniamo e noncome l ufficialita con tutta ua serie di occultamenti manomissioni e gioco dlle tre carte ci racconta ma che purtropo credono eprche credono tutto visto che l uomo oggi ,cioe la massa e ad un punto che piu basso non poteva nemeno nel medioevo si e toccato il fondo cosi ,ma anzi cosa dico medioevo visto che piu si fa indietro e piu leta dleoro e piu vicina,mentre fino al 2000 e stato tutto un cadere dal 2000 ci siamo inizaiti a rialzare e a dic 2012 finiremo di rialzarci..pochi,molto pochi p rla verita




    [SM=g8431]
    Tra l'altro la Presidende dell'Omnia è pure presidente della societa dove lavoro part time da settembre dopo aver perso il lavoro [SM=g6794]
    [Modificato da STEILA75 29/03/2010 12:51]
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    sev7n
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    00 07/04/2010 23:19
    Bialetti: chiude lo stabilimento della moka


    07 Aprile 2010 19:15 ECONOMIA

    MILANO - Lo storico stabilimento della Bialetti a Omegna, nel verbano, annuncia che chiudera' i battenti. Il gruppo ha avviato una procedura di mobilita' per la chiusura del sito, che coinvolgera' i circa 120 lavoratori, tra impiegati e operai. (RCD)

    " Il vero coraggioso non è colui che non teme nulla, ma colui disposto ad affrontare ciò che più teme."

    " Una sconfitta è tale solo se si rimane a terra. Non è sconfitta quando ci si rialza e si riprende a combattere. "

    ∞ζ∞ζ∞ζ∞ζ∞ζ∞ζ∞ζ∞ζ∞ζ
    τιμή πίστη θάρρος συνοχή
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    The Seventh floor
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    sev7n
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    00 25/05/2010 22:59
    29 ott 2009 ... Berlusconi: "Crisi alle spalle"

    Bolzano, 120 posti a rischio nell’acciaio
    Cronos licenzia, 250 esuberi in Tirrenia

    Timori per i 300 della Nexans di Pomezia, tagli anche alle Terme di Salsomaggiore. A Cagliari gli spettri del caso Omega per i 470 addetti del call center Vol 2.O. Intesa a Ubi Banca, addio incentivato per 900 dipendenti. Fallisce Moto Morini
    di SALVATORE MANNIRONI


    ROMA - Qualche buona notizia arriva dal mondo del lavoro. Il piano triennale con cui Alcoa conferma la presenza in Italia escludendo esuberi sia a Portovesme che a Fusina; il ritiro temporaneo della dichiarazione di 501 esuberi da parte della Nuova Pansac (Ravenna, Portogruaro, Zingonia); l’accordo alla Ferrari per la trattativa separata tra premi ed esuberi con la garanzia del posto per i lavoratori “esternalizzati”. Questi segnali positivi, però, riguardano tre grandi aziende, mentre nel tessuto della piccola e media impresa italiana, in tutti i settori, anche quella appena trascorsa è stata un’altra settimana di scioperi, occupazioni, annunci di chiusura e licenziamenti, stipendi in ritardo, cassa integrazione in scadenza o prorogata. Una settimana in linea con le precedenti con gli effetti della recessione ancora più visibili rispetto ai segnali di ripresa. Il settimo punto sulle “Piccole crisi senza importanza” parte dagli esuberi dichiarati alle Terme di Salsomaggiore e chiude al call center Video on line 2.O di Cagliari alle prese con gli spettri del caso Libeccio-Omega.

    1/ DA ITALTEL A TELEPERFORMANCE
    2/ DALLA FINI A BADONI COSTA
    3/ DA ALENIA E BASELL ALLA ELECTROLUX
    4/ DA GLOBAL BUSINESS A NARDI E ACS
    5/ DA NUOVA PANSAC A OLIMPIAS E FERRANIA
    6/ DA BERNI E ARCOBALENO AL CASO FERRARI

    Sabato 15 maggio – Alla Terme di Salsomaggiore e Tabiano, società per azione interamente pubblica (Comune, Provincia e Regione) inizia la trattativa dopo che il vertice della Spa ha chiesto ai soci il mandato per dichiarare lo stato di crisi e fare ricorso agli ammortizzatori sociali. Il piano aziendale prevede 70 esuberi sugli oltre 400 dipendenti.

    Il tavolo regionale sulla crisi in Friuli Venezia accoglie la domanda di cassa integrazione straordinaria in deroga per i 25 dipendenti della Mercury Arredamenti di Caneva (Pordenone) dal 17 aprile al 16 agosto. L’azienda, in liquidazione, è stata rilevata dalla Legnoform di Prata di Pordenone che dovrebbe riavviarla.

    La Regione Toscana annuncia la firma dell’intesa per la cassa integrazione straordinaria in deroga per i lavoratori della Mas Italia di Pistoia, azienda di laminati per elettronica e smart card che ha chiuso un anno fa. I lavoratori in cigs (in scadenza a luglio) sono 111 (su 130 iniziali) mentre è avviata presso il tribunale una procedura di concordato preventivo.

    La Provincia di Foggia (con l’assessore al Lavoro, Leonardo Lallo) lancia un appello a tutte le istituzioni perché intervengano nella vertenza della Soems di Sant’Agata di Puglia. L’azienda (quadri e impianti elettrici) rischia di chiudere o trasferire la produzione altrove. I 40 dipendenti hanno scioperato sin da gennaio per il mancato pagamento degli stipendi, reiterato nei mesi successivi malgrado l’impegno di mettersi in regola e riavviare la produzione che la proprietà aveva assunto davanti al prefetto.

    In cima alla torre dell’acqua, la protesta dei 50 lavoratori Kss che rischiano di restare senza lavoro in Piemonte
    .

    Domenica 16 maggio – Da gennaio ad aprile i lavoratori in cassa integrazione hanno visto decurtate le loro retribuzioni per un totale di 1,6 miliardi di euro. Le ore di cassa integrazione nei primi 4 mesi dell’anno sono aumentate del 103% rispetto allo stesso periodo del 2009; la cig straordinaria è cresciuta invece del 252% e quella in deroga del 652% (88 milioni di ore). Il record assoluto per settore spetta all’edilizia con +5.551%, seguito da commercio (+2.285%) e piccola industria meccanica (+997%). Sono i dati elaborati dall’Osservatorio cig del dipartimento settori produttivi della Cgil nazionale sulle cifre ufficiali dell’Inps.

    I dipendenti della casa di cura Santa Rita di Cirò Marina (Crotone) bloccano la statale 106 per manifestare contro il rischio di chiusura e il licenziamento di 65 lavoratori dopo che l’Asl di riferimento ha ridotto del 75% il budget per la casa di cura.

    La Fiom Cgil del Molise lancia un appello alla Regione per le maestranze dei Cantieri navali di Termoli in attesa ormai da 5 mesi del pagamento dell’indennità di cassa integrazione.


    I candidati alla prima preselezione del concorso per 534 posti al Comune di Napoli: i concorrenti sono 112mila
    .

    L’autorità portuale di Savona precisa che il nuovo piano industriale della Apm terminal (gruppo Maersk) prevede per la piattaforma di Vado Ligure 642 occupati diretti. Gli esuberi a livello nazionale sarebbero in tutto 35, la metà dei quali sulla piazza di Genova.

    Lunedì 17 maggio – Il sindacato proclama uno sciopero immediato alla Omsa di Faenza dopo che l’azienda, a dispetto delle richieste di sindacati e istituzioni verbalizzate all’inconto al ministero il 13 maggio scorso, ha avviato lo smontaggio dei macchinari degli articoli moda presenti in tutti i reparti.

    I sindacati proclamano 8 ore di sciopero alla Seat pagine gialle di Torino contro il rischio che venga esternalizzato il Data center dove lavorano una trentina di persone e che si arrivi a uno smembramento con la cessione dei settori pregiati dell’azienda a partire da quello dell’information technology. I timori sono espressi in vista del 31 maggio, giorno di presentazione del piano industriale.

    I lavoratori di un call center. Tra le crisi aperte nel settore anche i casi Teleperformance, Cronos e Vol 2.0
    .

    Un’altra giornata di sciopero nazionale a giugno e manifestazioni. Sono le iniziative decise da Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil nell’ambito della vertenza Teleperformance, l’azienda che ha avviato la procedura di licenziamento per 870 dipendenti (a Taranto, in gran parte, e Roma). Il sindacato rilancia l’esigenza di un tavolo nazionale sul settore call center che includa i casi Phonemedia, Omnia, Transcom.

    Firmato a Roma il decreto per la cassa integrazione per stato di crisi ai dipendenti della Warmor Sud (tessile) di Airola (Benevento). La cig è di 12 mesi a partire dal primo marzo scorso e riguarda una trentina di lavoratori.

    A Napoli si svolge la prima prova del concorso per l’assunzione al Comune di Napoli: i posti in bando sono 534, i concorrenti che hanno presentato domanda sono 112.572. Al primo turno di preselezione partecipano 5mila candidati.

    I lavoratori della Manuli Rubber di Ascoli Piceno manifestano davanti alla Provincia per iniziativa dei sindacati Sdl e Ugl, denunciando i segnali crescenti – come lo smantellamento di macchinari – sull’intenzione della multinazionale (tubi di gomma) di delocalizzare altrove la produzione. Attualmente lo stabilimento ascolano impiega 130 lavoratori e 250 sono in cassa integrazione contro i 400 occupati ad agosto 2009 quando l’azienda sospese la produzione.

    Un presidio dei lavoratori davanti allo stabilimento Maflow di Trezzano sul Naviglio
    .

    I lavoratori della Nexans di Latina attuano blocchi sulla statale Pontina per protestare contro la riduzione della produzione. Il rischio denunciato anche da sindacati e partiti sul territorio è che la scelta del gruppo francese (produzione cavi di bassa e media tensione) preluda a una chiusura del sito in località Borgo Piave e alla cassa integrazione per i 300 dipendenti.

    I lavoratori Agile (ex Eutelia) di diverse città manifestano per due giorni davanti alle sedi delle Regioni a Torino, Milano, Napoli, Firenze e Roma. La richiesta alle istituzioni regionali è di sollecitare la riapertura del tavolo nazionale sul caso Agile – azienda It del gruppo Eutelia ceduta nell’estate scorsa al gruppo Omega – e sul destino dei quasi 2mila lavoratori le cui retribuzioni, tra l’altro, sono ferme al mese di settembre mentre sono esclusi dagli ammortizzatori sociali.

    Martedì 18 maggio - Sit in dei lavoratori dell’Italtel di Carini (Palermo) davanti alla sede dell’Assemblea regionale per sollecitare interventi istituzionali nella loro vertenza. I 53 dipendenti dello stabilimento sono in cassa integrazione dal 12 aprile.

    Una manifestazione dei lavoratori Alcoa di Portovesme la cui vertenza sembra conclusa positivamente
    .

    Stato d’agitazione e presidio in prefettura per i lavoratori edili della Cumino spa di Torino. I dipendenti sono in sciopero dal 12, giorno in cui l’impresa ha dichiarato 25 esuberi e l’intenzione di non ricorrere agli ammortizzatori sociali.

    La Fim Cisl fornisce i numeri della crisi del settore metalmeccanico in Friuli Venezia Giulia: le aziende del comparto ancora coinvolte sono 620, mentre dei loro 25.688 dipendenti, ben 14.121 (oltre il 50%) sono attualmente interessati dagli ammortizzatori sociali. Nel complesso generale dell’industria italiana, secondo la Cisl, a livello nazionale si sono persi da aprile 2008 a oggi 659mila posti di lavoro e i lavoratori che rischiano ulteriormente di restare senza occupazione a scadenza della cig varia sono 308.715.

    Stato di agitazione dei lavoratori della Spf di Gignod (Aosta), l’ex Scott, che produce bastoncini da sci. Sindacati ed Rsu chiedono l’intervento della Regione per chiarire la situazione con l’azienda circa i timori sul futuro dello stabilimento che occupa una trentina di persone.

    Una protesta di dipendenti della Tirrenia: in vista della privatizzazione sono stati annunciati 250 esuberi tra marittimi e impiegati
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    Stato di agitazione proclamato dalla Fiom alla Lapis di Palermo (manutenzione di impianti). Il sindacato contesta il mancato versamento dello stipendio di aprile e del saldo di marzo e il sistema dei piccoli acconti (anche da 100 euro) sulla retribuzione. L’azienda, nella quale sono occupate 55 persone, si giustifica coi ritardi nei pagamenti da parte dei committenti.

    I sindacati confermano lo sciopero dell’8 giugno dei lavoratori del gruppo Tirrenia, compagnia di navigazione per la quale è in corso la gara per la privatizzazione. E’ il risultato dell’incontro interlocutorio al ministero delle Infrastrutture con il ministro e i vertici di Fintecna e Tirrenia che hanno però indicato in 250 (rispetto al centinaio di cui si sapeva) il numero degli esuberi tra marittimi e amministrativi.

    Sciopero e presidio davanti ai cancelli per chiedere certezze sul loro futuro occupazione. E’ l’iniziativa decisa dai dipendenti della B4 Italia di Bruzolo (Torino) che produce ingranaggi e alberi di trasmissione per veicoli industriali. Secondo i 60 lavoratori (ex della Roatta fallita un anno fa), l’azienda non sarebbe più in grado di proseguire l’attività.

    Il tribunale di Bologna decreta il fallimento di Moto Morini, storico marchio motociclistico di Casalecchio di Reno (Bologna). La sentenza è l’esito del mancato accordo tra sindacati, rsu e la milanese Nuova Garellina di Paolo Berlusconi che aveva proposto l’acquisto di tutto il patrimonio (esclusi i fabbricati, da affittare) e il riassorbimento di 20 dei 57 dipendenti Moto Morini (più altri 20 con il piano industriale 2011-2013). Il giudice dovrà decidere ora se autorizzare l’esercizio provvisiorio per trovare un acquirente, procedere all’asta o alla vendita “a pezzi” per poter soddisfare creditori e fornitori.

    Mercoledì 19 maggio - Il call center Cronos di Pomezia (Roma) annuncia alle Rsu il licenziamento di 65 dipendenti su un totale di circa 170 addetti. Protesta la camera del lavoro Cgil territoriale per la mancata comunicazione ai sindacati. Proclamato lo sciopero.

    Sciopero di 48 ore dei 9 dipendenti dell’autogrill Divieto Nord sulla A20 Messina-Palermo contro il mancato pagamento dello stipendio.

    Sciopero degli operatori del contact center Getek di Palermo che gestisce i servizi clienti di Inps e Inail per conto di Poste Italiane spa. I lavoratori – 140 fra i call center di Palermo e Crotone – temono di perdere il lavoro dopo che Poste ha perso la gara per la gestione del servizio Inps-Inail.

    Due ore di sciopero contro il rifiuto dell’azienda di trattare soluzioni di contenimento della crisi evitando tagli al personale. E’ la decisione dei sindacati nella vertenza della Emilceramica, multinazionale della piastrella di Fiorano Modenese che sta procedendo unilateralmente al licenziamento di 29 dipendenti su 500.

    A rischio 73 posti e le prospettive industriale dello stabilimento. Con questa motivazione, scioperano a Campi Bisenzio (Firenze) i lavoratori della Selex Galileo che contestano l’annunciato scorporo e delocalizzazione di parte delle attività (la produzione di radar navali e terrestri) dello stabilimento fiorentino.

    La Docugest, una controllata di Poste italiane che opera nei servizi di gestione della comunicazione con clientela e stampa, annuncia la chiusura della sede di Firenze e il relativo trasferimento delle attività e dei dipendenti nella sede di Collecchio (Parma). I lavoratori scioperano. Ne dà notizia la Cgil che accusa: la decisione dell’azienda è impossibile da mettere in pratica per quasi tutti i lavoratori coinvolti e di fatto “determina la perdita di 12 posti di lavoro” a Firenze.

    Gli operai della Otefal Sail (ex Ila) di Portovesme (Cagliari) tornano a manifestare sotto la Regione Sardegna per chiedere lavoro. La fabbrica è chiusa da 2 anni e ad agosto scadrà la cassa integrazione straordinaria. La Regione Sardegna conferma che esiste un imprenditore del settore lavorazioni-alluminio interessato a rilevare lo stabilimento.

    Giovedì 20 maggio - Lavoratori della Maflow, della Mangiarotti Nuclear, dell’Agile-ex Eutelia, della Lares e della Metalli Preziosi, di Iveco, Alfa Romeo, Marcegaglia ed Engineering.it occupano per mezzora il binario 8 alla stazione Centrale di Milano per sensibilizzare le istituzioni sulle loro singole vertenze. Davanti alla sede della Regione, Fiom ed Flm-Uniti Cub hanno organizzato iniziative diverse. La Maflow di Trezzano sul Naviglio, specializzata in tubi di condizionamento per auto, è in crisi da quando sono cessati gli ordini dalla Bmw. I circa 330 dipendenti sono in cassa integrazione da oltre un anno e la fabbrica, in amministrazione straordinaria, rischia la chiusura.

    Decine di lavoratori della Kss manifestano dall’alto di una torre per l’acqua a trenta metri d’altezza. La multinazionale americana della componentistica per auto ha deciso due anni fa di delocalizzare in Romania e tutti i 120 dipendenti della fabbrica di Villastellone (Torino) avrebbero dovuto essere riassunti dalla Opac Mare che ha acquistato i capannoni. Solo 70, invece, sono stati assunti: per gli altri 50 a pochi giorni dalla scadenza della cassa integrazione l’unica prospettiva è il licenziamento.

    Ubi Banca e sindacati siglano l’intesa sulla ristrutturazione di gruppo che prevede 895 esuberi. L’accordo prevede una prima uscita di massa sin dal prossimo 30 giugno per 500 dipendenti e di altri 200 alla fine di settembre. La ristrutturazione avverrà attraverso prepensionamenti (500 casi) e forme di esodo incentivato.

    Protesta dei lavoratori Nielsen Company che bloccano un binario della stazione Centrale con bandiere e striscioni per diversi minuti. L’iniziativa è contro i 30 licenziamenti decisi dalla società (ricerche e analisi di mercato) nell’ambito di un piano di riduzioni dei costi. La Nielsen ha sedi a Milano (70 lavoratori), Corsico (circa 300) e Roma e negli ultimi tre anni ha ridotto il personale di circa 80 unità.

    Nuovi scioperi all’Italcarni di Carpi decisi dai sindacati dopo che, agli annunciati 43 esuberi, la cooperativa ha previsto anche una cessione in affitto di ramo d’azienda che coinvolge 34 lavoratori di settori (macello sporco e rifilatura prosciutti) che il sindacato ritiene strategici.

    L’amministratore delegato delle Acciaierie Valbruna di Bolzano annuncia la possibile chiusura dei reparti acciaieria e decapaggio (con produzione relativa dirottata nello stabilimento di Vicenza) e il mantenimento del solo reparto laminazione. Il piano comporterebbe la mobilità per 120 operai e sarebbe determinato dai limiti imposti all’inquinamento acustico che impediscono la produzione notturna.

    Assemblea in fabbrica per i 135 dipendenti della Seves di Firenze (mattoni in vetro), in cassa integrazione da febbraio. I lavoratori temono per il loro futuro perché nonostante i livelli di magazzino siano stati riportati ai livelli richiesti dall’azienda, non è arrivato l’ordine di riprendere la produzione.

    Mille lavoratori metalmeccanici di fabbriche in crisi – tra cui Bialetti, Alessi e Lagostina – manifestano in piazza a Villadossola. La categoria ha scioperato per ricordare come negli ultimi quattro anni nel Verbano-Cusio-Ossola si siano persi oltre 2mila posti sui 6mila addetti del comparto.

    Scade senza effetto l’ennesimo annuncio della firma ministeriale sul decreto per la cassa integrazione ai lavoratori Phonemedia-Raf di Novara, Trino Vercellese, Ivrea, Gaglianico, Monza e Casalecchio di Reno. L’assessore regionale Roberto Rosso aveva assicurato la firma entro il 19 maggio, attribuendo i ritardi alle Poste italiane. I lavoratori interessati sono più di mille, senza stipendio da settembre 2009. La cig è stata ottenuta per via giudiziale a decorrere dal febbraio scorso, ma nessuno ha ancora visto un euro.

    Sciopero e assemblee al call center Video on line 2.0 (Vol 2.O) di Cagliari. Lavoratori e sindacati temono ripercussioni dal fallimento della holding Libeccio che controlla il gruppo Omega di cui l’azienda fa parte. Nel call center cagliaritano (committente principale Telecom Italia), attivo da dieci anni, lavorano 470 addetti, oggi molto preoccupati perché a Vol 2.0, col ritardo nel pagamento degli stipendi, sembra ripetersi quello che è successo in altre realtà acquisite da Omega (Agile, Phonemedia, Raf, Multimedia planet, Soft4web) e subito finite malamente con le carte in tribunale e circa 10mila lavoratori in mezzo a una strada senza salari né ammortizzatori sociali. Timori accentuati dal fatto che il proprietario della “misteriosa” società che avrebbe rilevato Vol 2.O – la Emme & Partners – sarebbe Claudio Marcello Massa, amministratore unico di Omega.
    (20 maggio 2010)

    fonte: www.repubblica.it/rubriche/piccole-crisi-senza-importanza/2010/05/20/news/piccole_crisi_7-4217314/?ref...

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    " Il vero coraggioso non è colui che non teme nulla, ma colui disposto ad affrontare ciò che più teme."

    " Una sconfitta è tale solo se si rimane a terra. Non è sconfitta quando ci si rialza e si riprende a combattere. "

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    sev7n
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    00 28/08/2010 09:40
    Blockbuster vicina al fallimento
    Il gigante dell'homevideo presenterà istanza a settembre




    MILANO - Dopo un decennio di dominio del mercato, la crisi economica e la pirateria hanno pressoché sconfitto Blockbuster Video, la grande catena di negozi per l'acquisto e l'affitto di film su dvd e blu-ray. Gli amministratori della compagnia, che possiede quasi 3500 negozi in tutti gli Stati Uniti e succursali in 29 nazioni nel mondo, hanno annunciato che a metà settembre presenteranno istanza di fallimento, e trattative sono in corso con le principali case cinematografiche affinché, nonostante la bancarotta, queste continuino a fornire alla catena di videonoleggio il materiale necessario a continuare l'attività.

    DEBITI - La scorsa settimana infatti, riporta il Los Angeles Times, Jim Keyes - il presidente di Blockbuster la cui sede principale è a Dallas - e i vertici di 20th Century Fox, Paramount, Sony, Universal, Walt Disney e Warner Bros si sono incontrati a Los Angeles per discutere un piano d'azione che consenta di salvare almeno parte dell'attività di homevideo rental. Blockbuster ha perso dall'inizio della crisi, ovvero dai primi mesi del 2008, circa un miliardo di dollari e gli interessi sui 920 milioni di debito che la compagnia deve pagare ogni mese stanno strozzando la mecca dell'homevideo. Per arginare le perdite i vertici della compagnia hanno deciso per la chiusura di circa 800 punti vendita negli Stati Uniti e una «pre-planned bankruptcy» , qualcosa di più del concordato preventivo della legislazione fallimentare italiana.

    AVVERSARI - Nell'ultimo anno Blockbuster aveva già chiuso 1000 punti vendita nel territorio americano, una crisi che non ha solo a che fare con la globale congiuntura economica negativa di quest'ultimo periodo, ma con un mercato che ha perso interesse per l'affitto di cassette e dvd a causa della pirateria via internet, della pay-per-view e dei sistemi di affitto dei video con consegna a domicilio come Netflix e Redbox. Sul sito internet del Los Angeles Times i lettori e i fruitori del servizio fornito da Blockbuster non hanno mancato di dare la loro interpretazione alla crisi della compagnia texana. Per molti una catena di distribuzione che affitta film a prezzi non competitivi e fa pagare salate multe in caso di consegna in ritardo del supporto video non ha più senso di esistere, nel mondo della grande comunicazione digitale. Seppure quello che avrà luogo a settembre dovesse essere un tentativo di salvataggio, Blockbuster, così come è successo recentemente per la concorrente Hollywood video, ha i giorni contati. Anche in Italia la crisi si è fatta sentire. Da inizio 2008 la perdita economica dei Blockbuster italiani, che danno lavoro a 1500 dipendenti, è di 5 milioni di euro e un piano di ridimensionamento dovrebbe portare a breve alla chiusura di 20 dei 235 punti vendita presenti sul nostro territorio. Blockbuster arrivò in Italia nel 1994, grazie a una joint venture con Fininvest.

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    angstrom99
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    00 21/09/2010 11:36
    intrecci politici e finanziamenti pubblici ai partiti
    Ieri mi è capitato di vedere questo servizio nel programma delle iene su italia 1. Non so la veridicità, nel senso che sia una macchinazione architettata per nuocere qualcuno o una frangia politica, perchè trovo strano che danno in pasto alla massa certe visioni così dirette e sfrontate sul meccanismo politico. Comunque se non l'avete visto posto il link:

    www.video.mediaset.it/video/iene/puntata/182130/calabresi-nomine-e-appalti-in-vendita.html#tc-s1-...
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    angstrom99
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    00 04/01/2011 18:43
    GAS SERRA:TRUFFA DA 500 MILIONI DI EURO

    Centocinquanta perquisizioni e 21 indagati nell’inchiesta condotta dalla Procura di Milano insieme
    con la guardia di finanza: nel mirino la compravendita dei certificati Co2 anche con società estere.

    Ventuno persone risultano indagate nell’inchiesta coordinata dalla Procura di Milano e condotta dalla guardia di finanza nell’ambito di inchiesta su una maxifrode fiscale stimata in 500 milioni di euro e realizzata attraverso transazioni fittizie di quote di emissioni di gas a effetto serra (certificati Co2) con lo scopo di evadere l’Iva. Le persone iscritte nel registro degli indagati sono in gran parte i titolari stranieri di società di trading che si occupavano della compravendita dei certificati Co2, alcune delle quali sono state aperte questa primavera ed erano pronte a sparire nei prossimi mesi senza pagare le imposte dovute.

    Tra le persone finite sotto inchiesta ci sono anche tre manager di una società di sevizi che ha favorito la costituzione e l’operatività della stragrande maggioranza delle aziende al centro degli accertamenti. I militari stanno effettuando, oltre a 150 perquisizioni, sequestri di centinaia di ‘conti proprietà’ in cui sono depositate migliaia di permessi di emissione. Per l’attività di ricostruzione delle transazioni sospette la Procura di Milano e la guardia di finanza si sono avvalse anche della collaborazione dei funzionari dell’Agenzia delle entrate, dell’unità di informazione finanziaria della Banca d’Italia, dell’Istituto superiore della protezione e la ricerca ambientale (Ispra), del Gme (Gestore dei mercati elettrici) e del Gse (gestore dei servizi energetici).

    Inoltre le indagini, guidate dal procuratore aggiunto Francesco Greco e dal pm Carlo Nocerino, hanno visto la collaborazione di diverse autorità fiscali e di polizia europee, centroamericane e asiatiche. La frode ‘carosello’ che è stata messa a segno anche in altre nazione Ue, secondo le stime dell’Europol, nel corso dell’ultimo anno ha causato all’erario dei Paesi europei perdite stimate in oltre 5 miliardi di euro.

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    00 22/01/2011 12:50
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    ma vi rendete conto di quanta gente si è suicidata a causa della crisi?

    Arabia Saudita, uomo si da fuoco
    Il paese, ricco di petrolio, ha un alto tasso di disoccupazione

    22 gennaio, 12:40
    (ANSA) - GEDDA, 22 GEN - Un uomo sulla sessantina si e' ucciso dandosi fuoco in una provincia saudita al confine con lo Yemen.

    Il quotidiano al-Riyadh scrive che l'uomo si e' dato fuoco nella sua casa ed e' morto successivamente in ospedale. Nonostante l'immensa ricchezza di petrolio, l'Arabia Saudita ha un alto tasso di disoccupazione (il 10,5 per cento nel 2009).




    Luca 12,54

    54 Diceva ancora alle folle: «Quando vedete una nuvola salire da ponente, subito dite: Viene la pioggia, e così accade. 55 E quando soffia lo scirocco, dite: Ci sarà caldo, e così accade. 56 Ipocriti! Sapete giudicare l'aspetto della terra e del cielo, come mai questo tempo non sapete giudicarlo?



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    00 27/07/2011 00:36
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    Febbre dell'oro a Roma, c'è chi vende i denti
    Denunciato gioielliere che li comprava

    26 luglio, 21:06




    ROMA - Romani indebitati fino ai denti. La crisi economica aumenta e c'é chi dà in pegno gioielli, catenine di battesimo, pellicce cappotti, abiti e accessori griffati, pur di racimolare soldi. Fino ad arrivare a cedere protesi del proprio corpo. Un fenomeno sempre più in crescita anche nella Capitale, dove è emerso il caso del titolare di un 'Compro Oro', poi denunciato dalla polizia, che aveva ritirato dei denti d'oro da un cliente che li aveva dati in pegno per qualche decina di euro.

    L'uomo, proprietario di una catena di sette negozi di 'Compro Oro' a Roma, è un 35/enne romano che acquistava gioielli d'oro, d'argento e orologi anche dai nomadi dei campi rom per poi rivenderli: è stato denunciato per ricettazione, truffa e usura dagli agenti della divisione amministrativa della Questura di Roma. Sono oltre 20 i chili di oro sequestrati e 10 quelli di argento, per un valore complessivo di 800 mila euro. Il trentacinquenne, infatti, riceveva in pegno anche oggetti che poi rivendeva ai vecchi proprietari con un incremento del 20% sul prezzo di acquisto: stipulava illegalmente polizze al portatore per i prestiti su pegno, non avendo alcun titolo per farlo. Per questo la polizia ha messo a disposizione, sul proprio sito, le foto degli oggetti trovati nella catena di negozi illegali.

    Chi riconoscerà gli orecchini del matrimonio, le posate d'argento della nonna o il primo anello di fidanzamento, potrà rientrarne in possesso. Ma se c'é chi sbarca il lunario con ciò che gli rimane, c'é anche chi guadagna con 'il vecchio che avanza'. Con l'aumento della povertà quello dei 'Compro Oro' è diventato un business redditizio. Solo a Roma, negli ultimi due anni, è stato registrato un aumento del 20% delle richieste di licenze per l'apertura di questi negozi.

    E, secondo i dati, c'é chi cede per pochi soldi catenine e oggetti a cui è legato affettivamente, ma che non hanno un grosso valore. Sui banchi dei pegni, di quelli autorizzati e non, finiscono anche tanti oggetti griffati: dalle pellicce agli accessori di abbigliamento griffati. E la 'febbre dell'orò corre anche sul web. In alcuni siti internet spedire i denti d'oro del nonno viene pubblicizzato come un affare imperdibile. "Hai ereditato denti d'oro dal nonno paterno ma non sai cosa farne? - si legge in uno dei siti - Credi che conservarli in un cassetto sia inutile e anche inquietante da vedere? La soluzione più rapida è sicuramente vendere i vecchi denti d'oro guadagnando anche denaro". Se, come dice un proverbio, il mattino ha l'oro in bocca, nelle tasche di molte famiglie romane sembra sia notte fonda.



    Luca 12,54

    54 Diceva ancora alle folle: «Quando vedete una nuvola salire da ponente, subito dite: Viene la pioggia, e così accade. 55 E quando soffia lo scirocco, dite: Ci sarà caldo, e così accade. 56 Ipocriti! Sapete giudicare l'aspetto della terra e del cielo, come mai questo tempo non sapete giudicarlo?



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    00 05/08/2011 11:58
    Gli esclusi. Storia di italiani senza lavoro
    Anna Maria Mori

    (bisognerebbe aggiungere altro e togliere qualcosina ma, sostanzialmente, concordo e quoto tutto l'articolo anche se è un déjà-vu, ma forse è bene continuare a rimarcarlo fin quando possibile).


    «Solo l'abbattimento e la distruzione del modello di società voluto e creato dall'ordine imperialista delle multinazionali potrà ridare legittimità e giustizia sociale al popolo, oltre a fare in modo che ogni singola identità nazionale possa riacquistare la propria dignità dinnanzi alla prepotente oppressione della logica e della prassi del mercato globale»



    In quest'Italia abbandonata a sé stessa, terra di saccheggio per capitali cosmopoliti ad uso e consumo dell'Alta Finanza internazionale e di politicanti imbelli e vili, qual è il tema centrale che interessa maggiormente il popolo? Il lavoro senz'altro. O, meglio, la disperazione nel perderlo, la grande frenesia nel cercarlo, peggio nel ritrovarlo. Eppoi, l'annichilimento e il trauma della sconfitta dopo averlo perso, dopo averlo «smarrito» a causa della nuova strutturazione del lavoro che le centrali oligarchiche dell'usurocrazia mondialista e le strutture periferiche incommensurabilmente al loro servizio ‑vedi Confindustria, Confcommercio ecc.‑, con la nuova articolazione capitalistica del rapporto attraverso la precarietà e la flessibilità, i contratti atipici ed i licenziamenti, hanno portato a termine per stringere maggiormente le catene dell'oppressione su coloro i quali vivono attraverso le loro prestazioni fisiche ed intellettuali nel mondo del lavoro.

    In un contesto di sempre più accesa conflittualità ed in una realtà che vede oramai l'occupazione ed il salario garantito come un mero miraggio, le dinamiche di sfruttamento e di povertà tessute dalla ristrutturazione neoliberista del mondo del lavoro ci mettono davanti ad un contesto che non lascia più alcuna legittimazione se non quella della contrapposizione rivoluzionaria, viva e lucida, senza cedimenti e senza compromessi, contro lo sfruttamento capitalistico e contro le centrali delle grandi concentrazioni bancarie ed economiche multinazionali.

    I continui licenziamenti, la soglia di povertà raggiunta da un numero sempre crescente di singoli e di famiglie, con le sacche di emarginazione e di disperazione in aumento, ci pongono di fronte un fenomeno sociale disarticolato e in continua decomposizione. Come avanguardia rivoluzionaria non possiamo non analizzare, comprendere e combattere, sul piano politico e della contrapposizione radicale, la galassia del mercato globale e del neoliberismo, della nuova composizione dell'occupazione e del lavoro che ci è stata prospettata dal capitale anonimo e che sindacati e governi hanno accettato alla faccia del popolo, della dignità del lavoro e del lavoratore, e della giustizia sociale che in un contesto democratico (ossia il controllo della burocrazia economicistica e mercantilistica sul popolo che le coalizioni partitiche alternantesi al potere contribuiscono a mantenere) noi giuriamo non potrà mai realizzarsi.

    La lettura del libro “Gli esclusi” ci offre un'ampia panoramica, documentata e in buona parte esauriente, con tutta la drammaticità ormai radicata che ne deriva e ne traspare, del diabolico puzzle del (non)lavoro che si intreccia in Italia. Lo affermiamo pur non condividendo la gabbia democratica in cui si «snoda» il pensiero dell'autrice, indirizzato in maniera tale che nella sostanza non venga proposta alcuna alternativa per abbattere le catene oppressive della precarietà e della disoccupazione. Il testo riassume e sintetizza anche le posizioni di alcuni ricercatori che hanno pesantemente criticato la globalizzazione dell'economia: da Latouche a Beck, da Rifkin alla Forrester.

    Tra le varie ricerche compiute, la Mori si pone un'inquietante e significativa domanda posta di riflesso all'ottimismo esagerato di economisti e sociologi, subordinati alle direttive mondialiste, che mietono lodi alla cosiddetta nuova economia, mentre di riflesso in tutto il pianeta, Stati Uniti compresi, le sacche di povertà e di emarginazione sociale si sviluppano notevolmente.

    Il miraggio statunitense, per esempio? Non esiste; è un grande bluff saturo di sfruttamento e di insicurezza. L'attuale indirizzo socio‑economico ci offre quello che l'autrice definisce un «documento agghiacciante sulla realtà» d'oltreoceano.

    Si è «... esplorato il volto di successo della nuova economia», scrive la Mori, «incontrando le innovative aziende Internet della Silicon Valley, per poi spostarsi a Seattle, dove lavorano giovani che grazie alla Information Technology guadagnano centinaia di milioni. Ma dietro questa copertina patinata, si scoprono i lati oscuri di questo boom: i trucchi grazie ai quali il reale numero di disoccupati americani è tenuto nascosto; quali siano le vere condizioni di impiego dei giovani assunti dalle gigantesche agenzie americane di lavoro in affitto; l'audace sfruttamento della forza lavoro in aziende come Microsoft e Amazon, le quali per anni mantengono in uno stato di perenne precariato decine di migliaia di dipendenti cui sono negati i contributi sanitari e pensionistici; la scioccante realtà dei tecnologici «senza fissa dimora» della Silicon Valley, i quali, pur essendo pienamente occupati non riescono a garantirsi un tetto a causa dell'incredibile costo della vita che la new economy porta con sè ovunque si instauri (e dormono nell'autobus numero 22); le aree industriali della Pennsylvania dove tanti lavori, pagati tradizionalmente 20 dollari l'ora, hanno lasciato il posto a lavoretti da fast food pagati 5 dollari e mezzo l'ora senza contributi. (...) la situazione delle aziende di Internet e di chi vi lavora è diventata molto critica negli ultimi mesi».

    Come afferma “The Industry Standard", rivista dedicata alla nuova economia, «ben 53 aziende del settore hanno chiuso i battenti dall'inizio dell'anno e più di 24.000 lavoratori sono stati mandati a casa. Lo stesso Dipartimento del Lavoro di Washington ha annunciato a dicembre del 2000 che nel mese precedente, novembre, il tasso di disoccupazione è salito al 4%, dal 3,9% di ottobre, vale a dire al livello più basso degli ultimi trent'anni ... Nel settore pubblico si è registrata una perdita di 54.000 posti di lavoro ... In tutto, i disoccupati sono cresciuti in America, a novembre, di 183.000 unità, arrivando a 5,68 milioni». [1]

    Ma non è finita. Il mito americano, ... della polpetta, del neoliberismo e dello sfruttamento affretta il suo declino. Colossi multinazionali nei primi mesi del 2001 hanno annunciato e portato a termine dei tagli che hanno interessato la vita di circa 150.000 lavoratori. All'incirca 35.000 lavoratori della Daimler Chrysler e della General Motors hanno perso o rischiano di perdere l'occupazione, così come potrà avvenire per i 9.300 della Ericsson e per i 7.000 della Philips. «Non vediamo alcun segno di una fine imminente del rallentamento economico, in particolare negli USA» e con questa fredda conclusione la multinazionale olandese ha annunciato lo scorso 17 aprile il taglio di 7.000 posti.

    Anche in Italia il mondialista, sodale di Rockefeller, Agnelli non è da meno. Cassa integrazione per i 6.000 operai dello stabilimento di Cassino. Nel frattempo, prima delle elezioni, Agnelli ha lanciato un tangibile sostegno elettorale a Berlusconi, in maniera tale da non perdere i favori della burocrazia amministrativa coloniale nella possibilità che quest'ultimo vincesse, come è poi accaduto, la competizione elettorale.

    Ma in Italia la situazione non cambia, dato che è proprio l'ISTAT ad affermare che nella penisola, al di là delle ipocrite affermazioni dei Fazio e dei Prodi, si estende ancor di più la sacca di povertà che riguarda un numero sempre maggiore di famiglie, di giovani e di anziani al Sud come al Nord.

    Due milioni e seicentomila famiglie italiane vivono sulla soglia di povertà, non riuscendo a consumare neanche la metà del consumo medio pro-capite nazionale. Questo accade essenzialmente nel Meridione, mentre in regioni come il Piemonte, la Lombardia e nel Nord-Est a toccare la soglia della povertà sono le persone che vivono da sole; un buon numero è da ricercare in pensionati che campano con pensioni di reversibilità molto basse. Così, mentre il governatore della banca d'Italia, Antonio Fazio, raggiante, sostiene che le riforme (una gabbia sociale studiata per l'oppressione delle masse dei disoccupati, dei giovani e degli occupati di tutte le specie), il lavoro flessibile e quello in affitto hanno fatto registrare un record -... e che record!- nell'occupazione, simultaneamente, in verità, si registra che la rabbia sociale e la protesta montano in Italia e nell'Europa asservita alle dinamiche oppressive tecnocratiche e mondialiste.

    In Italia ed in Francia, in Germania e nella Gran Bretagna, multinazionali, dalla Danone alla Motorola [2], ed aziende minori hanno annunciato pesanti tagli che si sono materializzati con licenziamenti a raffica. Negli USA e nell'Europa consumista e giudaizzata, nell'immaginario sociale, il lavoro ad usura e senza prospettive, cioè quello della ricorrente mobilità geografica e dell'accettazine d'un salario più basso privo d'un risvolto pensionistico e d'una stabilità, mette la disoccupazione ad essere una esperienza transitoria. E ciò potrà continuare fino a quando il volano dei consumi non si incepperà.

    L'espediente antisociale e riformista nel mondo lavoro, come la flessibilità e la mobilità, il lavoro in affitto ed il part time, afferma la Mori, «non crea libertà, ma nuove schiavitù, impedisce di costruire un programma di carriera e di vita, e incide, oltre che sulla vita pratica, sull'anima della gente». E citando il sociologo statunitense Richard Sennet è pronta ad affermare che «... l'accanimento per la realizzazione della flessibilità» non ha «fatto altro che produrre nuove strutture di potere e di controllo».

    Ricorrendo alle molteplici voci, di uomini e di donne, di giovani, esaminate nel disarticolato mondo dei senza lavoro, tra coloro i quali il lavoro lo hanno perso e tra quelli che non lo hanno mai trovato, la Mori ha riscontrato quello che, a ragione, ha definito delle «emozioni» laceranti, quali il dolore e la paura, l'incertezza e/o l'insicurezza e la vergogna, il senso di colpa e quello dell'inutilità. Dinnanzi a tanta e crescente miseria, il fraudolento mondo capitalista con sarcastica ipocrisia insiste a chiedere prepensionamenti e licenziamenti più facili, l'eliminazione delle pensioni di anzianità, l'azzeramento dell'occupazione stabile a favore di quella determinata.

    Tale drammatica realtà, che nell'ottica liberista e consumista non presenta e non può presentare vie d'uscita, deve necessariamente vedere strutturato lo sforzo ribellistico nella battaglia politico‑rivoluzionaria contro la globalizzazione dei mercati e la sempre crescente logica mercantilistica che la circonda. Lo chiede anche il susseguirsi della lacerazione delle possibilità dell'occupazione insieme alla sicurezza del salario e delle forme di assistenza ambientale e sanitaria che il modello capitalista vuole azzerare.

    L'Occidente modernista e capitalistico ha frantumato la certezza del lavoro tra la classe operaia e tra i giovani, oltre a perseguire uno sfruttamento senza limiti ai danni dei popoli più poveri degli altri continenti, accumulando sempre più risorse e capitali sulla pelle di bambini e di una manodopera pagata per un pugno di riso.

    In Italia, come in tutta l'Europa subordinata ai parametri mercantilistici e antipopolari dell'Unione Europea, non è più ipotizzabile un futuro, dato che la nuova economia con la suddivisione riformistica e flessibile del mondo del lavoro, supportata essenzialmente dalla rete telematica ed informatica, ha posto un'estesa divaricazione tra l'oligarchia che possiede i mezzi di produzione ed i capitali e le masse popolari. La cancerosa mellifluità che avvolge e rende, per il momento, in buona parte immune il Sistema sarà abbattuta e gli artifici da essa creati -mere scatole vuote per incancrenire la rabbia sociale- attraverso il precariato e la flessibilità, non serviranno più a niente per arrestare il processo di declino e l'irreversibile disintegrazione che le avanguardie rivoluzionarie contribuiranno ad accelerare. Nessuna riforma e nessun sindacato o accordo tra le parti potrà più risolvere oramai il problema dell'occupazione. Solo l'abbattimento e la distruzione del modello di società voluto e creato dall'ordine imperialista delle multinazionali potrà ridare legittimità e giustizia sociale al popolo, oltre a fare in modo che ogni singola identità nazionale possa riacquistare la propria dignità dinnanzi alla prepotente oppressione della logica e della prassi del mercato globale.

    Oggi lo Stato democratico e antifascista (struttura burocratico-capitalistica responsabile dell'alienazione e del disagio di una massa sempre più consistente di afflitti dalla ristrutturazione neoliberista del mondo del lavoro) per trovare una legittimità nell'approssimarsi del voto del 13 maggio, trova sfogo incarcerando otto militanti politici -che si collocano nell'area antagonista marxista‑leninista- imputandoli di chissà che, pensando così di cancellare dalla memoria del popolo tutta la propria opera di sfruttamento che ha trovato forma nell'opera di prostituzione alle centrali del capitale internazionale che ha prodotto fratture e divaricazioni sociali oramai insanabili, che hanno posto in uno stato di oppressione e di disperazione masse numericamente non definibili di giovani e di donne, di disoccupati e di pensionati, oramai senza la certezza di un'esistenza circuita nei limiti della dignità.

    Anna Maria Mori col suo libro sugli esclusi dalla società dell'apparenza e del profitto, ma che ritroveranno piena dignità all'interno del movimento rivoluzionario che abbatterà i presidi dell'oppressione postcapitalistica della globalizzazione, ha saputo offrire uno spaccato di emarginazione che il più delle volte per paura o per egoismo si tende a dimenticare o a far finta che non lambisca la putrida quotidianeità della latrina consumistico‑borghese dell'Occidente plutocratico asservito alla usurocrazia giudaico‑mondialista.

    Una appendice rivoluzionaria ed antagonista all'autrice, ed alla sua documentata ed opportuna analisi, la vogliamo dare attraverso un'ulteriore testimonianza di un oppresso che la società dell'occupazione precaria ha posto ai margini.

    Non riesce più a lavorare da sei anni; è il nostro amico Husseyn Ugo Lazzara, 46 anni, mussulmano sciita dal 1988. Vive, si fa per dire, in casa con l'anziano genitore titolare di una piccola pensione. Non si rassegna, ma non accetta compromessi col Sistema che ha deciso di combattere. Ha deciso di dedicare la sua vita all'Islám ed alla battaglia degli oppressi contro gli oppressori. «Già è difficile trovare un lavoro per chi accetta il Sistema -afferma Husseyn-, pensa un po' per chi lo combatte. Io riesco a racimolare appena intorno alle 350 euro al mese. Ringrazio Dio di quanto mi ha dato e di essere dalla parte della giustizia. Per questo non ho paura di niente. Riconosco nel capitalismo e nell'usura, negli Stati Uniti e in Israele, il nemico mio e di tutta l'umanità sofferente. E mi riferisco alle tante vittime innocenti che hanno pagato con la vita e con l'emarginazione questo modello materialista che questi imperialisti impongono. Rivolgendo poi il mio pensiero sull'attuale dramma della Palestina, prego Iddio che si formi un'armata di liberazione per AI Quds per potere combattere fisicamente i nemici dell'umanità». Quanto ancora ci rimane da scrivere?

    Leonardo Fonte
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    Perugia, spara a due impiegate, poi si suicida
    L'assasino, 40 anni, si chiamava Andrea Zampi Era un piccolo imprenditore. Lutto cittadino

    06 marzo, 14:56


    PERUGIA - Un uomo è entrato stamani negli uffici della Regione a Perugia e ha ferito a colpi d'arma da fuoco due impiegate. Si sarebbe poi suicidato con la stessa arma. E' quanto emerge da una prima ricostruzione della polizia.

    Sul posto si sono recati il magistrato di turno, Massimo Casucci, e il sindaco di Perugia Wladimiro Boccali. Intervenuti anche i medici legali. I corpi delle due donne uccise e dell'uomo che ha sparato loro per poi suicidarsi si trovano ancora all'interno del palazzo.

    La tragedia è avvenuta all'interno del palazzo del Broletto, a ridosso del centro di Perugia nella zona della stazione ferroviaria. All'interno si trovano uffici di vari assessorati. Gli spari sono stati uditi da numerosi dipendenti della Regione. Sul posto oltre alla polizia diverse ambulanze e pattuglie dei carabinieri.

    Ha deciso immediatamente di rientrare a Perugia da Roma, dov'era impegnata nei lavori della direzione nazionale del Pd, la presidente della Regione Umbria, Catiuscia Marini, dopo aver appreso della sparatoria di poco fa all'interno degli uffici dell'ente umbro. E' quanto si apprende dallo staff della presidenza regionale dell'Umbria.

    Il Comune di Perugia "ha deciso di annullare tutte le manifestazioni pubbliche in programma per oggi e proclamare il lutto cittadino".

    L'uomo che ha ucciso le due impiegate della Regione Umbria e poi si è ucciso si chiamava Andrea Zampi ed aveva 40 anni: si tratterebbe di un piccolo imprenditore di Perugia



    Luca 12,54

    54 Diceva ancora alle folle: «Quando vedete una nuvola salire da ponente, subito dite: Viene la pioggia, e così accade. 55 E quando soffia lo scirocco, dite: Ci sarà caldo, e così accade. 56 Ipocriti! Sapete giudicare l'aspetto della terra e del cielo, come mai questo tempo non sapete giudicarlo?



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    |54|, 06/03/2013 15:02:


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    Perugia, spara a due impiegate, poi si suicida
    L'assasino, 40 anni, si chiamava Andrea Zampi Era un piccolo imprenditore. Lutto cittadino

    06 marzo, 14:56


    PERUGIA - Un uomo è entrato stamani negli uffici della Regione a Perugia e ha ferito a colpi d'arma da fuoco due impiegate. Si sarebbe poi suicidato con la stessa arma. E' quanto emerge da una prima ricostruzione della polizia.

    Sul posto si sono recati il magistrato di turno, Massimo Casucci, e il sindaco di Perugia Wladimiro Boccali. Intervenuti anche i medici legali. I corpi delle due donne uccise e dell'uomo che ha sparato loro per poi suicidarsi si trovano ancora all'interno del palazzo.

    La tragedia è avvenuta all'interno del palazzo del Broletto, a ridosso del centro di Perugia nella zona della stazione ferroviaria. All'interno si trovano uffici di vari assessorati. Gli spari sono stati uditi da numerosi dipendenti della Regione. Sul posto oltre alla polizia diverse ambulanze e pattuglie dei carabinieri.

    Ha deciso immediatamente di rientrare a Perugia da Roma, dov'era impegnata nei lavori della direzione nazionale del Pd, la presidente della Regione Umbria, Catiuscia Marini, dopo aver appreso della sparatoria di poco fa all'interno degli uffici dell'ente umbro. E' quanto si apprende dallo staff della presidenza regionale dell'Umbria.

    Il Comune di Perugia "ha deciso di annullare tutte le manifestazioni pubbliche in programma per oggi e proclamare il lutto cittadino".

    L'uomo che ha ucciso le due impiegate della Regione Umbria e poi si è ucciso si chiamava Andrea Zampi ed aveva 40 anni: si tratterebbe di un piccolo imprenditore di Perugia




    aggiungeteci questa e riflettete
    www.adnkronos.com/IGN/News/Cronaca/Nuova-tragedia-della-crisi-uomo-si-uccide-dandosi-fuoco-dopo-aver-perso-il-lavoro_314252039...




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    00 07/03/2013 16:59
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    SI DÀ FUOCO A BARI: "SONO DISPERATO". IL
    SINDACO EMILIANO GLI SALVA LA VITA -VIDEO
    TAG : michele emiliano, suicidio bari, sindaco suicidio

    Giovedì 07 Marzo 2013 - 15:34
    BARI - Il sindaco di Bari, Michele Emiliano, ha sventato il tentativo di un uomo di darsi fuoco con una tanica di benzina all'interno dell'atrio del Municipio di Bari. È avvenuto mentre Emiliano, a quanto si è saputo, stava facendo un'intervista all'ingresso del Palazzo di città.
    Emiliano ha visto entrare l'uomo, un sessantenne, visibilmente agitato e con una piccola tanica di benzina in mano ed è immediatamente intervenuto fermando l'uomo mentre cominciava a cospargersi di benzina. Subito dopo, il sindaco ha cercato di tranquillizzare il sessantenne e, a quanto si è saputo per ora, lo ha fatto salire negli uffici del Comune. Si tratterebbe di un cittadino barese, esasperato per problemi legati a una questione riguardante una proprietà immobiliare.

    www.leggo.it/video/ledizione_del_tg3_di_oggi/17527/2178...



    Luca 12,54

    54 Diceva ancora alle folle: «Quando vedete una nuvola salire da ponente, subito dite: Viene la pioggia, e così accade. 55 E quando soffia lo scirocco, dite: Ci sarà caldo, e così accade. 56 Ipocriti! Sapete giudicare l'aspetto della terra e del cielo, come mai questo tempo non sapete giudicarlo?



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