"Mi dica, cioè, dimmi.." farfugliò il ragazzo alla vista di lei,
lei era bellissima,capelli rossi lunghi e legati don un elastico nero, il viso pallido, magrissimo, con gli occhi verdissimi segnati da due occhiaie carboncino che le donavano un non so che di spettrale, come se la creatura che aveva davanti fosse fuoriuscita da un romanzo di edgar allan poe o da una strofa di gautier, era vestita con un pastrano di pelle nera ed una gonna lunga ugualmente nera, un sogno.
Sin dal primo sguardo lui intuì che quella ragazza soffriva, a parte l'estrema magrezza, lo capì dallo sguardo allucinato e perso, dal suo inarrestabile tormentarsi le mani, sfregandole incessantemente l'una contro l'altra, dal suo dondolare ritmicamente il capo, dal suo modo di muovere gli occhi e la testa di quà e di là, come a cercare chissà cosa..
"Mi dica, cioè, dimmi.."
e lei parlò, ma sarebbe meglio dire sibilò, con una voce che a lui ricordò un refolo di vento, sibilò.. " io devo vedere il dottor Conti, è già arrivato?"
"Si, è già arrivato, ma adesso è occupato con un altra paziente, puoi accomodarti sul divano, non dovrai aspettare molto.. ha quasi finito.." e a lui scappò un sorriso dolce, come di comprensione, lei lo colse e ricambiò muovendo quasi impercettibilmente le labbra e mormorò: "grazie.." poi si voltò e sedette sul divano, silenziosa, quieta, disperata.
Lui la osservava rapito, quella ragazza era l'immagine stessa della bellezza che muore, della perfezione in sfacelo, lo faceva pensare ad una cattedrale bombardata, nella quale tutte le opere d'arte erano ancora pefettamente riconoscibili, ma oramai distrutte, fatte a pezzi, perdute..
Cercava di non farsi sorprendere mentre la guardava, cercava di sforzarsi di lavorare, concentrandosi sul computer, sugli appuntamenti del giorno dopo, magari con fare finto impegnato scartabellava le ricette.. ma niente, gli occhi andavano per conto proprio e tornavano su di lei, bellissima, silenziosa e gotica, non c'era nulla da fare, guardarla era più forte di lui, il gioco continuò finchè dall'interfono non gli giunse la voce del dottore che gracchiò: "il prossimo.." allora il ragazzo disse: "prego, accomodati.." lei si lasciò sfuggire l'ennesimo sibilo: "grazie, buonasera.." e scomparì nelo studio.
Il ragazzo si sorprese a sperare che quella fata nera ce la facesse, pregò con tutte le sue forze che qualunque fosse il suo male lei riuscisse a risolverlo, pregò che il dottore trovasse una cura per lei, o che un angelo la prendesse per mano, cose così..
Il colloquio andò per le lunghe, tanto che la ragazza uscì dallo studio che l'ora di chiusura era passata da un pò, lei gli passò davanti, rantolò un "buonasera.." ed uscì dall'anticamera senza emettere nessun altro suono, come se camminasse sull'aria, come se levitasse nel nulla.. incomprensibile.
Lui entrò nello studio e disse: "dottore, se non ha bisogno d'altro, io andrei a casa.." , "vai pure, Luca, grazie.. buonasera" , "buonasera dottore.."
lui uscì sulle scale, scese nel portone ed ebbe un tuffo al cuore, LEI era nel portone, ritta davanti al vetro, muta.. fissava la strada inondata da un nubifragio pazzesco, come se il cielo avesse accumulato in tutti quei mesi una rabbia cieca solo per sfogarla alle sette di sera di quella sera,era tristissima, pareva ancora più esile e fragile, più disperata della disperazione stessa.. lui non potè fare a meno di chiederle: " scusa, stai bene, hai bisogno di qualcosa?" lei si voltò e per la prima volta in quel pomeriggio abbozzò un qualcosa di simile ad un sorriso: "avrei bisogno di tante cose, ma adesso principalmente di un ombrello.." e lui: "abiti lontano?" , "a molassana" rispose lei.. era lontanissimo.
"beh, senti, io non vorrei tu capissi male, ma se ti fidi, io ho la macchina e passo di lì, se vuoi ti accompagno io.."
"mi sa che sono costretta a fidarmi, saresti proprio gentile, quanto al capire male, non ti preoccupare, io oramai non capisco più nulla, nè in bene nè in male..." lo disse con una tristezza tale che lui sentì una goccia d'acqua ghiacciata attraversargli il cuore e fermarglielo per un istante..
avrebbe deisderato chiederle: "che cos'hai, bambina? che cos'è che ti tormenta, e c'è qualcosa nel mondo che io possa fare per renderti serena, se non proprio felice?" avrebbe voluto abbracciarla e tenerla stretta e proteggerla contro tutti i mali del mondo, ma si sorprese a dirle solo: "la macchina è lì, andiamo..." la prese per mano e svanirono nella pioggia.
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flavio
Modificato da alter fritz 27/07/2006 23.35