il calzino

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crocino
00martedì 3 maggio 2005 14:02
Il primo armadio che si apriva quando volevo, era il comò. Dovevo solo tirare il pomello e dalla serratura l’anta scattava verso di me. Fra tutte le camicie, grembiuli, magliette che vi erano custodite c’era la cosa che trasformava il comò in un’avventura. Dovevo farmi strada fin nell’angolo più riposto; allora incontravo i miei calzini, che se ne stavano l’uno accanto all’altro, arrotolati e rincalzati come si usava un tempo. Ogni paio aveva le sembianze di una piccola borsa. Nessun piacere era più grande dell’immergere la mano quanto più a fondo possibile nel suo interno. Non lo facevo per il tepore. Ad attirarmi verso il fondo era “il regalo” che avevo sempre in mano in quell’interno arrotolato. Quando lo tenevo ben saldo in pugno ed ero certo del possesso della tenera massa lanosa, aveva inizio la seconda fase del gioco che portava alla rivelazione. Ora infatti mi accingevo a estrarre “il regalo” dalla sua borsa lanosa. Lo tiravo sempre più verso di me, sino a quando lo sconcerto era al colmo: avevo estratto “il regalo”, ma “la borsa” in cui era stato custodito non c’era più. Ripetevo di continuo la dimostrazione di questo avvenimento. Mi insegnò che forma e contenuto, custodia e custodito sono la stessa cosa. Mi educò ad estrarre la verità dalla poesia con la stessa cautela con cui la mano infantile estraeva il calzino dalla “borsa”.

[W.Benjamin - La mia infanzia berlinese]
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