Ya-nu-a-di-si

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Claudio Cava
00sabato 24 dicembre 2005 16:36

L'ultimo dei nativi

Hanno sterminato i suoi antenati, adesso uccideranno anche lui....Orso che Corre, un cherokee di 76 anni condannato a morte. La "civilizzazione" continua,ma il Grande Spirito non muore. A San Quentin è pronta la forca per Ray Allen, un vecchio cherokee dell'Oklahoma Ha 76 anni, è malato, da 27 anni in carcere. Respinto l'ultimo appello, il 17 gennaio l'esecuzione.
Non è un santo né un pericolo pubblico. E' uno dei tanti nativi negli Usa a cui è stata rubata la geografia, falsificata la storia, usurpata la realtà quotidiana. Un sistema giudiziario corrotto e sempre più repressivo, peggiorato dopo l'11 settembre, caccia le sue prede tra i poveracci, i pazzi, i neri. E i pellerossa.
L'unico indiano buono è quello morto». Il famoso detto del generale Philip H. Sheridan ai tempi del Far West, pare sia, ancora oggi, terribilmente attuale nell'immaginario collettivo del mondo alieno di mister George W. Bush. Fra poco più di due mesi, infatti, un vecchietto cherokee-choctaw dell'Oklahoma, 76 anni a gennaio, tre volte infartuato, diabetico, quasi cieco, ormai ridotto sulla sedia a rotelle, che grida la sua innocenza sicuramente inutile a un'America guerriera, tutta bibbia & moschetto. Se ne sta in fila, aspettando il suo turno, nei bracci della morte di San Quentin, California. E' in attesa del serial killer di stato, il boia...dopo 27 anni di galera.
Sia chiaro. Ya-nu-a-di-si, Orso che Corre in lingua cherokee, alias Clarence Ray Allen, non è uno stinco di santo né un pericolo pubblico. E' uno dei tanti delle altre Americhe che conosciamo a memoria: riserve, barrios, ghetti, periferie casalinghe dell'Impero, pascoli d'asfalto di gente di terza categoria, sempre sul filo del rasoio, potenziale candidata alla forca, che «vale meno, mangia meno, ricorda meno, vive meno, dice meno» e muore di più nei loculi in cemento-acciaio di un metro e mezzo per tre delle supergalere hightech sparse per l'America, stipate di 3500 morituri.

Per dirla tutta, Orso che corre è uno dei soliti, tanti, troppi nativi nordamericani «residuati storici», condannati alla diseguaglianza; uno a cui, notava Eduardo Galeano, «è stata rubata la geografia, saccheggiata l'economia, falsificata la storia, usurpata la realtà quotidiana», con l'aggiunta del ladrocinio della vita.

Il mattatoio di stato

La sofisticata «macelleria» giudiziario-legislativa a stelle a strisce con il suo ingranaggio truccato - diritti e libertà formali a iosa e loro minima applicazione pratica e sostanziale - storicamente è stata spietata con i Popoli del Grande Spirito, prima falcidiati con le armi e i superstiti, poi, diventati vittime sacrificali di un sistema babelico con norme differenziate. Un double standard di diritto. Uno per gli eroi bianchi, i Wasichu, e un altro per i dannati: per i neri con la legislazione cosiddettta di Jim Crow, e per i Pellerossa con un'altra legislazione datata 1885 e tuttora vigente e fatta apposta per le loro tribù che non avevano né leggi, né giudici, né prigioni, né manicomi.

Un sistema giudiziario spesso corrotto, farraginoso e sempre più repressivo, a detta degli stessi operatori della giustizia è diventato dopo l'11 settembre con la legislazione antiterrorismo una seria minaccia per l'integrità della stessa giustizia nordamericana e i diritti, la privacy e le libertà dei cittadini di ogni ceto e colore. Un sistema che ha solitamente cacciato le sue prede soprattutto tra gli indifesi, «i poveracci, i pazzi, i neri, i falliti, gli insultati e i feriti, i peccatori estatici...» (Kerouac). Una sorta di roulette taroccata che sforna sempre gli stessi «numeri neri» di morte: minoranze coloured, indigenti, handicappati, minorati, babycriminali, poveri cristi. Con l'illusione di poter estirpare il carnefice che si cela nei recessi oscuri e violenti di ognuno.(..)

Matricola B-91240

Orso che Corre, numero di matricola B-91240, quasi una vita da galeotto, sempre a un passo dal cappio, non ha mai avuto i signori dollari, i padrini e gli avvocati giusti per comprarsi una giustizia che negli Stati uniti, si sa, non è per tutte le tasche. Nello sprofondo infernale dell'anticamera del patibolo di San Quentin, dove si vive una pallida morte distillata in secondi infiniti e uguali, «non c'è un ricco a volerlo cercare con il lanternino, e non sono l'unico qui, a San Quentin,
ad essere innocente», commentava amaro Ray Allen, in Prigionieri dell'Uomo Bianco, Kaos Edizioni, uno dei suoi libri in cui è coautore insieme allo yaqui-aztec Fernando Eros Caro.

Anche tra avvocati e giuristi di fama - critici sull'applicazione della pena capitale per la scarsa equità e imparzialità - è diffusa l'opinione, confortata da dati empirici e da riscontri oggettivi, che gran parte dei detenuti si trovino nei bracci della morte non perché abbiano commesso i crimini più orrendi (in tanti casi è vero), ma perché appartengono a gruppi sociali ed etnici emarginati, sono i meno uguali
'America, hanno avuto i peggiori avvocati, e un inesistente conto in banca. Tant'è che per questo l'associazione dei 500 mila avvocati americani (Aba) ha più volte protestato e chiesto di fermare le esecuzioni, sollecitando il Congresso americano a intervenire per varare quella che chiamano Innocence Protection Act, per salvaguardare gli imputati meno garantiti che rischiano la pena capitale e dissipare «i
seri interrogativi sull'equità della pena», come ha osservato anni fa il giudice della Corte Suprema, Sandra Day O'Connor.(..)

La storia di Orso che Corre

La travagliata storia di Ray, quasi «banale», è fotocopia di quella di molti figli sbandati, «esperti in devianza e disagio», della grande famiglia delle minoranze, afro, latinos, asiatiche o indiane che siano. Si dirà che è la solita vecchia solfa, ma i fatti sono questi. Infanzia da povero in canna, razzismo e pedate per colazione (poetici i suoi racconti sull'America degli
anni Trenta e Quaranta, Parola di Vecchio Orso, Multimedia Ed.), hobo per necessità di lavoro, mille mestieri, da raccoglitore di cotone e patate a cowboy nei rodeo, a pilota di vecchi biplani. Poi, un'attività commerciale finita sul lastrico, un contabile ladro con le ali ai piedi, debiti col fisco. Una serie di rapine a mano armata per «rimediare» al fallimento.
Avvocati d'ufficio a 25 dollari all'ora o poco più, una montagna di discriminazioni, una giuria composta da soli bianchi, in violazione di una legge federale che prevede il 15% almeno dei giurati della stessa etnia dell'imputato. Infine, una pena sproporzionata al reato e l'abisso nella
famosa galera country di Folsom, quella immortalata da Johnny Cash in una famosa ballata.
Mentre sta scontando l'ergastolo, la sua vicenda giudiziaria si fa ancora più drammatica. Si becca l'accusa di essere il mandante di un triplice omicidio, e dopo l'ultimo processo, che è eufemistico definire irregolare (durato appena venti giorni, nonostante la presenza di 60 testimoni, e con una giuria «biancocentrica»), è condannato a morte nel 1982. Sentenza confermata nel 1987. Data dell'esecuzione, per lo show di stato dell'olocausto umano, 17 gennaio 2006. Punto e basta.

Nelle mani di Schwarzenegger

L'unico ora che potrebbe salvargli la pelle è l'anabolizzato-terminator Schwarzenegger, governatore della California, a cui è stato fatto un appello, quasi senza speranza.

Chissà se la piccola grande tribù di pen friends di tutte le età che Ray Running Bear Allen ha in giro per il mondo, che si sta mobilitando in questi stracci di settimane, riuscirà a fermare il Funzionario statale estremo - in burocratese lo chiamano così il boia in America - prima che, in nome e per conto della dea bendata dagli occhi marci, inietti la morte nelle vene e negli ultimi sogni di Orso che Corre, che sta contando le ultime lune che gli restano.

Do-na-da-go, O-gi-na-li, a presto, amico.

Per salvare Ray Allen

Ray Allen è cherokee da parte dei nonni materni e choctaw da parte di quelli paterni. Il suo nome tradizionale è Ya-nu a-di-si, che significa Orso-che-corre. E' nato il 16 gennaio 1930 in Oklahoma. Ha due figli e svariati nipoti. Difeso dagli avvocati della California Appelate Project, i quali hanno raccolto prove della sua non-colpevolezza e delle irregolarità processuali; ma è difficile ottenere un nuovo procedimento, dopo che è stato respinto l'ultimo appello e fissata una data
d'esecuzione per il 17 gennaio 2006, giorno successivo al suo 76esimo compleanno. Orso-che-corre è in corrispondenza epistolare con moltissime persone di ogni età, anche con ultra-ottantenni e con molte classi scolastiche di bambini per i quali è diventano un beniamino, persino promosso a «nonno adottivo». In Italia si sta occupando del suo caso il comitato Paul Rougeau (paulrougeau@tin.it). A breve verrà lanciato un
appello per chiederne la grazia, per motivi legati a evidenti ragioni di diritti umani. Per chi volesse scrivergli qualche parola di sostegno e conforto, questo il suo indirizzo: Ray Allen (B-91-240), San Quentin State Prison, San Quentin, California, 94974, Usa.

www.lhasa.it/occhio_singolo.php?idnews=80
Greyhawk
00domenica 25 dicembre 2005 17:04
Questo almeno è un rapinatore
Delle centinaia di migliaia, MILIONI che sono stati sterminati con ogni mezzo, dal vaiolo alle razzie nei villaggi, dall'alcool alle guerre suscitate ad arte fra le stesse tribù (perchè l'uso di prendere lo scalpo ai nemici lo hanno portato i BIANCHI, che pagavano per ogni ucciso, uomo, donna o bambino, i cacciatori delle tribù più aggressive), cosa vogliamo dire?

GLi Stati Uniti d'America sono nati da uan serie di genocidi lunga quanto è lungo l'elenco delle popolazioni che vivevano là e che oggi sono sparite; con l'aggiunta di tutti gli schiavi che sono stati portati là dall'Africa. Si parla di CENTINAIA di popoli tritati fino a non farne rimanere più niente, se non qualche pittoresco copricamo di penne e qualche film in cui si dice che magari non erano proprio tutti così male.

Forse è per questo che gli Stati Uniti sono così bravi ad esportare la democrazia, usando le armi di distruzione di massa in paesi che non le hanno, e se mai le hanno avute le hanno comprate da loro a caro prezzo.

Claudio Cava
00martedì 17 gennaio 2006 14:07
L' epilogo


SAN FRANCISCO - Il condannato alla pena capitale Clarence Allen, 76 anni, ammalato e cieco, e' stato messo a morte oggi nella prigione di San Quintino, in California, dopo che il governatore Arnold Schwarzenegger gli aveva negato la grazia.

Uno dopo l'altro, i giudici federali e il governatore Arnold Schwarzenegger hanno respinto i suoi appelli. Allen e' non solo il primo condannato a morire negli Usa nel 2006, ma anche uno dei piu' anziani nella storia americana. Da quando esistono le statistiche sulla pena capitale, solo John Nixon, messo a morte il mese scorso a 77 anni in Mississippi, risulta essere stato piu' vecchio di Allen.

L'eta' avanzata e le condizioni precarie dell'indiano, vittima di un attacco cardiaco a settembre e reso cieco e quasi sordo dalle conseguenze del diabete, non sono serviti come argomenti nei ricorsi dell'ultim'ora dei suoi legali. L'America negli ultimi anni ha deciso, attraverso sentenze della Corte Suprema, che e' vietato uccidere minorati mentali e chi ha commesso delitti da minorenne.

Ma se c'e' un'eta' minima per morire, al momento non ne esiste una massima. Anzi, secondo i giudici della Corte d'appello di San Francisco che hanno esaminato il caso Allen, ''la sua eta' e la sua esperienza hanno solo reso piu' acuta la sua abilita' di calcolare a freddo ogni passaggio dell'esecuzione dei suoi crimini''.

Figlio di indiani Cherokee e Choctaw, Allen ha un passato che difficilmente puo' muovere a compassione qualcuno nel sistema giudiziario americano. Nel 1980, mentre ormai gia' cinquantenne stava scontando un ergastolo per un delitto, secondo l'accusa ordino' di uccidere il testimone che lo aveva incastrato al processo, Bryon Schletewitz, 27 anni. Il sicario assoldato da Allen, il suo ex compagno di detenzione Billy Ray Hamilton, per far fuori Schletewitz senza lasciare testimoni uccise anche due dipendenti dell'uomo, un ragazzo di 18 anni e una ragazzina di 17. Hamilton e' ora a sua volta nel braccio della morte a San Quintino.

''Sono terribilmente dispiaciuto per quello che e' accaduto - ha detto giorni fa Allen in un'intervista - ma non posso esprimere rimorso per il crimine, perche' non l'ho commesso io. Spero di incontrare le vittime nell'altro mondo e di spiegar loro che non ho mai complottato per ucciderle e non ho mai voluto il loro male''.



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