Infibulazione, nigeriana in manette a Verona
La donna è stata fermata dagli investigatori poco prima di operare una bambina di soli 14 giorni È la prima volta che viene applicata la nuova normativa contro la piaga delle mutilazioni genitali
MICHELA DANIELI È scattato a Verona il primo arresto conseguente all’applicazione della neonormativa contro la mutilazione genitale femminile. In manette è finita una 43enne nigeriana, regolarmente in Italia già da sette anni, dipendente di un’impresa di pulizie. La polizia scaligera ha così cambiato il corso di una vita, quella di una bambina di 14 giorni, bloccando la donna qualche minuto prima che effettuasse l’irreversibile intervento. Ora la donna rischia da quattro a dodici anni di reclusione con l’accusa di tentata mutilazione, mentre i genitori della piccola, anch’essi nigeriani, sono indagati in stato di libertà. Ma vediamo come si è arrivati a far scattare le manette ai polsi dell’immigrata. La polizia controlla il territorio, si mescola alla comunità nigeriana, ascolta, subodora; frasi di corridoio, attendibili come sempre lo sono le confidenze fatte senza malizia, vociferano di una connazionale che effettua il “rito chirurgico” a domicilio. Gli agenti di polizia si mobilitano e non mollano la presa, osservando la sospetta, seguendola, aspettando il momento buono, sino a quando questo arriva. La nigeriana è entrata nella casa di una giovane coppia di connazionali a Caldiero (Vr). Sono pochissimi gli istanti di indugio, poi il blitz nella casa è scattato immediato, per non mettere a rischio l’incolumità della neonata. La 43enne è stata trovata provvista di una borsa del “piccolo chirurgo”: garze, forbici, anestetici, lidocaina, antibiotici, in una parola tutto il necessario per effettuare un’anestesia locale, attuare la mutilazione con l’aiuto dei genitori che avrebbero tenuto ferma la piccolina, contrastare eventuali infezioni. Per tutta risposta la donna ha negato l’evidenza schiacciante, dichiarando di essere semplicemente passata in visita alla coppia di connazionali.
Anche i genitori hanno risposto assecondando la sceneggiatura e asserendo che si trattava di una comune visita di cortesia. L’intervento della polizia ha salvato la qualità dell’esistenza di una giovanissima vita, mentre sono ora in corso accertamenti a ritroso per capire quante altre siano state invece le bambine meno fortunate; le prime perquisizioni hanno già consentito di risalire a una recente vittima delle forbici della nigeriana, una bimba di due mesi, i cui genitali sono stati mutilati lo scorso 22 marzo. L’intervento fai-da-te veniva sempre fatto su richiesta dei genitori, senza apparentemente nessun tipo di coercizione sociale da parte della comunità. “Un fatto culturale”, si potrebbe concludere con una grossa dose di buonismo spicciolo. La 43enne, però, pretendeva 300 euro per ogni amputazione, il che dissolve ogni ipotetica giustificazione religiosa, nell’acido corrosivo di un idolo decisamente più laico: il denaro. Si tratta del primo caso in Italia di applicazione della legge 9 gennaio 2006, promulgata per la prevenzione, il contrasto e il divieto di mutilazione dei genitale femminili, l’escissione e l’infibulazione; la legge ha introdotto l’articolo 583 bis del codice penale. Pena prevista: dai quattro ai dodici anni di reclusione per chi compie la fattispecie autonoma di reato, con due aggravanti in bilancio: i casi in cui l’illecito sia perpetrato ai danni di minori e quelli in cui siano effettuati allo scopo di lucro. Entrambi gli elementi figurano nello specifico caso di Verona. Apparentemente uguali, le tre voci della legge prevedono in realtà tre pratiche diverse per sfumature e interpretazioni culturali, ma ugualmente feroci e pericolose: la clitoridectomia in cui viene tolta tutta, o parte della clitoride; l’escissione che consiste nell’asportazione della clitoride e delle piccole labbra; l’infibulazione, la forma estrema, che prevede oltre alla clitoridectomia e all’escissione, anche il raschiamento delle grandi labbra che sono poi fatte aderire e tenute assieme, lasciando libero un piccolo orifizio per i liquidi fisiologici. È quest’ultimo il più rischioso per la salute e di certo il più efferato dei casi, poiché implica uno strascico continuo di dolose infezioni, da cui la vittima della pratica non potrà più liberarsi.
A quando anche in Italia? W l'uguaglianza e la Fraternità fra i popoli, peccato che gli occidentali non risultino essere visti come fratelli dai mussulmani.
)Mefisto(