cara mamrotta
il parlarne vuol dire che si è accettato di avere la sindrome, da quello che ricordo delle cose che hai scritto mi sembrava che tuo marito non riconoscesse di avere un "problema".
se non lo vuole riconoscere è naturale che non ne voglia parlare giusto?
anche perchè il riconoscere vuole dire fare un passo avanti verso un cambiamento nel modo di "pensarsi", di "viversi".
io sono "x" e ho una sindrome chiamata tourette è diverso dal pensare io sono "x" e sono solo una persona nervosa (che però si può controllare).
io penso che più che la tourette sia il CAMBIAMENTO nel modo di pensare che spaventi e crei resistenze.
anche se il cambiamento prospetta un miglioramento della vita.
Ogni cambiamento comporta una sofferenza, e questo non fa da meno.
forse tuo marito ha bisogno di toccare il suo "fondo", prima di chiedere aiuto, non lo so, non lo conosco, ma la motivazione al cambiamento deve essere la sua non la tua.
poi: parlarne serve, e secondo me riderne ancora di più.
ma un conto è ridere "di" te e un conto è ridere "con" te.
io parlo spessimmo di tourette, spiego tanti amici cosa è, specie quando qualcuno se ne esce con frasi che vorrebbero fare ridere tipo: -mi è venuto un tic!(come fosse una cosa da malati mentali o stressati)-
allora colgo l'occasione di raccontare cosa vuol dire avere un tic e soffrire quando ti prendono in giro.
solitamente se a una persona spieghi con calma un tuo vissuto di sofferenza quella cambia punto di vista, e smette di fare certe battute... (e questo spiega quanto sia importante fare informazione) se non smette, ecco: è una cartina di tornasole sul grado di sensibilità di quella persona, e a quel punto la/lo compatisco.
ok, ok sono andata fuori tema.
a casa mia per molto tempo non si riusciva a parlarne.
da piccola io mi innervosivo a parlare di tic, anche perchè all'epoca venivo sgridata (e una volta anche filmata) da mio padre, che non sapeva come fare con i miei tic, che creavano sofferenza e disagio in me e in tutta la mia famiglia.
era L'IMPOTENZA a far reagire così mio padre, e anche L'IGNORANZA, perchè non c'era nessuno che gli spiegasse che cosa fare davanti ai miei tic.
adesso è un ricordo lontano.
Ora, nonostante io continui a parlarne,(in casa mia si parla di tutto) i miei si rifiutano di accettare che ho ancora i tic, perchè non li vedono (io li controllo da anni e fino a poco tempo fa non gliene avevo ancora parlato).
mi hanno appoggiato nella mia avventura con l'associazione, ma sento che non vogliono farsi coinvolgere.
ad esempio, non sono mai venuti sul sito, o a leggere il forum.
ma rispetto i loro tempi,le loro ragioni.
se tocco l'argomento sento un'atmosfera di disagio, come se la ferita fosse stata chiusa con grande fatica.
ad esempio: rifiutano il fatto che io sia iperolfattiva, insofferente a rumori forti (tipo la tv o la voce alta nel modo di parlare) o che non sopporti il peperoncino in tutte le pietanze (loro non lo sentono io sì)così dicono che io sono nervosa.
ahhhhh!
è vero, divento nervosa perchè non mi capiscono.
eppure ci vorrebbe tanto poco delle volte!
strano eh? io ho il problema al contrario!!!
un abbraccione marmotta!